Rosalba's BLOG
Agosto - Dicembre 2007
Storyboard semiserio tra pettegolezzi, riflessioni, fatti strani e altro...
Un particolare ringraziamento al webmaster Giancarlo (detto anche l'"Espertone") che tormento ogni giorno e senza il quale non potreste leggere questo Blog!
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31 Dicembre 2007
I Tori sono portati a fare bilanci. E in questi ultimi giorni di dicembre viene ancora più automatico farne, sentendo che tutti parlano dell'anno appena trascorso e di quello che verrà.
Rileggendo qua e là il mio blog mi accorgo che potrei dare l'impressione di vivere in un'eterna saga disneyana, dove tutti vivono felici e senza preoccupazioni. Non è esattamente così. Le preoccupazioni ci sono, le ferite arrivano e spesso rimangono indelebili, soprattutto quando un amico ci lascia o quando si viene sopraffatti dall'impotenza nell'accorgersi che le proprie battaglie sono combattute contro un avversario più forte di noi, il più forte dei quali sembra essere
l'indifferenza degli altri. O nell'accorgersi che le proprie vittorie sono solo una goccia nel mare rispetto alla
sofferenza che regna su questo strano pianeta pregno di paradossi e ossimori in cui "civiltà" è sinonimo di "sopraffazione, intolleranza, negazione della libertà, torture..."
Gli esseri che abitano il pianeta insieme a noi sono sottoposti a sofferenze e torture, il più delle volte gratuite, difficilmente sopportabili da chi si rende conto che i cosiddetti "animali" sono creature senzienti, capaci di provare gioia e dolore, di soffrire esattamente come noi.
Chi si rende conto di questo stato di cose non riesce più a dimenticarselo, neppure nei momenti più spensierati.
Ma il blog, nelle mie intenzioni, voleva essere una testimonianza di speranza, non di sconfitta. La speranza è una costante
della mia vita. E' la molla che mi ha permesso di non arrendermi mai, che mi ha tenuta in vita anche nei momenti più difficili, che mi ha fatto incontrare tanti altri come me con i quali stiamo provando a costruire qualcosa, per noi e per gli altri. "Altri sognatori convinti di essere uomini..." dice una vecchia canzone.
L'anno appena trascorso non fa eccezione. E' stato caratterizzato dal film Shan, un film ispirato ad un'esperienza che può essere considerata come la concretizzazione della speranza. Shan, secondo l'antico druidismo, è la vera realtà che sta al di là delle apparenze. L'aspetto più mistico e misterioso che possiamo immaginare in ciò che ci circonda e di cui siamo parte. Già solo il fatto di parlarne porta a distaccarsi da quell'ovvietà che ci fa accettare come "normale" la cosa più strana di
tutte, cioè vivere. "Life is but a dream", cantava il Capitano Kirk. E' diventato il mio motto, perchè non me lo voglio mai dimenticare.
Il film Shan ha caratterizzato il mio 2007 e sicuramente anche quello dei miei compagni del LabGraal. Il film ha avuto l'effetto di una bacchetta magica in grado di concretizzare sogni, progetti, idee. Facendo una carrellata di un anno trascorso tanto veloce quanto intenso (sembra di averne vissuti 10 in uno), mi scorrono davanti le immagini esaltanti delle "prime" a Torino e Roma, dei concerti nei teatri per promuovere il film. Penso al divertimento nel creare l'iniziativa Graal Empire, anch'essa nata dal film Shan, piena di soddisfazioni: ogni serata un successo, oltre qualsiasi previsione. Alla
realizzazione della soundtrack e all'uscita del libro "Shan" di Anna Maria, presentato durante un convegno che ha radunato una folla di estimatori sia dell'autrice che dell'argomento. Penso al progetto "Rama Vive", una ricerca che ormai si è impossessata di me e alla quale non potrei più rinunciare, anch'essa una costola del film: la leggenda di Rama è la trama invisibile del lungometraggio. "Rama Vive" si contende insieme alla musica il primato di passione preferita: andare per monti e boschi alla ricerca di megaliti, inseguendo un'antica leggenda, è diventata una cosa irrinunciabile.
Penso agli amici che ho ritrovato e a tutte le persone speciali che ho incontrato. Credo non sia un caso se quest'anno caratterizzato da un'esperienza trasmessa attraverso immagini, simboli e allegorie ho scoperto la realtà di Second Life. Un sogno nel sogno. Che mi ha permesso di ritrovare amici dall'altra parte del mondo e di incontrarne altri, con i quali stiamo facendo progetti e condividendo idee.
Penso alla notte della vigilia di Natale, in cui abbiamo provato a sovvertire le abitudini e proposto un incontro coraggioso: una meditazione con la musica, in un cinema. Voleva essere una provocazione culturale, un modo per rispondere con un momento di spiritualità laica alla depredazione, da parte delle grandi religioni, di un'antica festività pagana, il Solstizio d'Inverno. Lo abbiamo fatto al Cinema Empire, nella piazza più famosa di Torino, Piazza Vittorio. Giancarlo ha condotto la meditazione con l'antica "musica del Vuoto" eseguita con la tastiera, preceduta da un brano di cornamusa di Luca e dalle letture di poesie di Maurizio
Poletto. E' stato un incontro molto particolare, suggestivo, e la partecipazione attenta dei numerosi intervenuti ci ha fatto capire che in giro c'è un gran bisogno di spiritualità ma anche di libertà spirituale senza i vincoli dogmatici delle grandi religioni.
E che dire delle prospettive che si aprono nelle valli alpine, dove il tempo sembra fermarsi, e dove soprattutto in questo periodo si respira un'aria incantata che mi ricorda la Scozia? La ricerca delle tracce della leggenda di Rama sembra condurci in un percorso i cui confini non riesco ancora ad immaginare. Nel frattempo mi ritrovo sempre più spesso in posti magici a suonare e creare eventi, come il Natale a Lanzo Torinese, dove oltre a una festa celtica nella piazza medievale interamente dedicata al LabGraal, ho addirittura battezzato una nuova boutique celtica, succursale della Grotta di Merlino di Torino. Occasione non prevista, nata e creata in un giorno. Con i miei amici e collaboratori abbiamo creato un negozio dal nulla, praticamente in poche ore.
La festa celtica, organizzata dal Comune di Lanzo e affidata al LabGraal, ha avuto l'effetto di riportarci in Bretagna: l'atmosfera era quella di un Fest Noz bretone. L'irresistibile gruppo Triskel ha coinvolto tutti come sempre in frenetiche danze collettive intorno al fuoco dei bracieri, il LabGraal ha diffuso la sua keltic music e promosso il nuovo cd. Giancarlo ha sottolineato la celebrazione del Solstizio d'Inverno con le sue poesie.
Il freddo pungente è stato superato con danze e vin brulè. Nella stessa piazza, sovrastata da una bellissima torre medievale, ha avuto luogo l'inaugurazione della nuova Grotta di Merlino. Anche questo evento è un "figlio" di Shan. Il team di amici che si è creato a Lanzo, un laboratorio che sforna continuamente nuove idee, è nato dall'impulso di dare seguito alle tematiche del film.
Questo strano "mettere su casa" a Lanzo mi sembra uno scherzo ironico dell'ideatore del videogame in cui noi tutti siamo
impegnati a recitare le nostre parti. Lanzo Torinese sta per essere gemellato a Lanzo d'Intelvi, paesino montano sul confine svizzero, luogo incantevole dove risiedono le mie origini materne e in cui ho trascorso le mie estati di ragazzina.
Un posto a cui ero legatissima e che ha segnato la mia adolescenza. Ora scopro che i due Lanzo, oltre al nome e all'atmosfera che si respira, hanno in comune il culto della Madonna Nera, di chiare origini pagane.
Ho scritto altre volte che questo blog, oltre ad essere un modo per comunicare ai miei fedeli lettori esperienze che non voglio tenere solo per me, è anche un mezzo per fissare dei fatti che non voglio dimenticare, in attesa di poterli capire.
Da quando ho abbandonato la vecchia worldline di tranquilla bancaria in un paesino ligure per imbroccarne un'altra che mi consentisse di dedicarmi interamente alle mie passioni, che potrei riassumere simbolicamente nella ricerca del Graal, la mia vita è stata un susseguirsi di fatti imprevedibili pur se uniti da un unico filo conduttore. Di solito ci metto un po' di tempo per assimilarli e, guardandomi indietro, per vederne il disegno globale.
Mentre scrivo mi vengono in mente molti fatti successi quest'anno a cui al momento non so dare un significato. Come ad esempio lo strano e preziosissimo regalo ricevuto a Natale, un mantello appartenuto ad uno sciamano vissuto in un altro tempo, arrivato a me e Giancarlo per percorsi tortuosi, nel tempo e nello spazio, attraverso persone inaspettate.
Mi vengono in mente i nuovi amici dell'European Ufo Survey, entrati quest'anno nelle nostre vite, una équipe di scienziati d'avanguardia impegnati nella ricerca di intelligenze diverse, che sembrano disegnati da Martin Mystére.
Che sviluppi avranno questi fatti? Che incidenza nelle nostre vite?
Altre immagini scorrono nella mente. Penso al cerchio di pietre, compagno silenzioso che vedo ogni giorno quando mi sveglio e ogni sera tornando a casa. Anche se è ormai entrato a far parte della mia vita quotidiana ne percepisco la presenza protettiva. Con il sole al tramonto, con la neve, sotto il cielo stellato, al sorgere del sole, la sua imponenza e la sua forma arcaica ci riservano sempre continue sorprese.
Penso a Maya, compagna di stanza e di vita, che con la sua intelligenza viva e i suoi continui scherzi mi ha occupato i pochi momenti liberi passati in casa, oltre a controllare attentamente (anche ora) tutto quello che scrivo e faccio al
computer. Penso a Michelle, l'altra compagna pelosa, presenza continua nella mia vita, che anche quest'anno si è preoccupata per me con attenzione materna, convinta che io non sappia gestire molto bene la mia vita. Vorrebbe che avessi una vita più regolata e disapprova il mio comportamento. Non finirò mai di chiedere scusa a tutte e due per il modo con cui i loro simili vengono trattati su questo pianeta.
Penso ai miei fratelli Nativi che lottano per la sopravvivenza delle loro tradizioni e dei loro luoghi sacri. Alla grande vittoria dell'approvazione da parte dell'ONU della Carta dei Diritti dei Popoli Indigeni e alle prospettive che questo fatto apre.
Questo anno speciale si è concluso degnamente con una festa che ha lasciato nel cuore di tutti i partecipanti un senso di magia e di armonia. Abbiamo chiuso questo ciclo insieme a viandanti arrivati da lontano, che si sono dati appuntamento nello
storico club del LabGraal, sotto la Grotta di Merlino. E dove, altrimenti? Un appuntamento speciale che ha fatto incontrare persone che non si vedevano da molto tempo, come attratte da un vortice irresistibile. Un vortice che ha portato amici vecchi e nuovi ad incontrarsi per vivere insieme un momento unico e particolare.
Non so cosa mi porterà il 2008 e non me lo chiedo. Sono perfettamente conscia che questo percorso in una dimensione così precaria, questa bolla che non sta da nessuna parte, può scomparire da un momento all'altro. Ma il mio pensiero va a tutti coloro con cui ho condiviso un pezzettino di strada, che hanno gioito, sofferto, lottato, sperato con me in un mondo migliore.
"For Auld Lyne Sang... we'll take a cup of kindness yet". Per i bei momenti vissuti insieme, beviamo un'altra coppa di felicità.
Buon Anno, fratelli!
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18 Dicembre 2007
Ed ora anche la soundtrack!
Il film Shan, la cui intensa attività sembra non avere mai fine, ha partorito il CD con la colonna sonora.
L'evento è stato presentato alla FNAC di Torino, dove è stato messo anche in vendita, insieme all'altro parto del film Shan: il libro Shan. Un libro fantasy nato in maniera piuttosto insolita, scritto da Anna Maria Bonavoglia. E' nato una sera, ad
una festa. Anna Maria, scrittrice affermata, aveva già scritto racconti su di noi. Io e Giancarlo durante quella festa le abbiamo chiesto: scriveresti un romanzo ispirato al film Shan? E lei, senza pensarci un attimo, ha risposto "sì". E non solo: mi ha chiesto carta e penna e l'ha iniziato lì, sul momento. Ora quelle pagine che ha scritto di getto durante la festa costituiscono le prime pagine del libro.
Il nuovo CD Shan è particolare per mille motivi: è una raccolta di brani inediti, è un "Best of", è una raccolta live. I brani sono ben 19. Noi Labs lo amiamo molto, com'è naturale. In fondo, è un CD che si è fatto da solo, guidato anch'esso dal film Shan. Ma solo noi (vero ragazzi?) sappiamo quanta cura ha richiesto, quanta attenzione per essere messo al mondo. Ora
che è un prodotto finito, sembra sia sempre esistito. Ma riascoltando la voce di Ola che canta in lingua Apache "Geronimo Song" non posso fare a meno di pensare a quando l'abbiamo incisa e ai momenti unici vissuti insieme, così come ascoltando la
voce di Jida che si intreccia con la mia mi sento trasportare immediatamente alla Melba Hall in Australia e la nostalgia si fa lancinante.
Ascoltando "End in Glory", altra "botta": ecco che mi arriva tutta la forza dirompente di quel concerto vissuto in Bretagna,
quando, con la pelle d'oca, suonavo i tamburi sulla cornamusa di Luca e vedevo un mare di folla bretone che batteva le mani all'unisono.
Questo CD per noi Labs rischia di essere un pugno nello stomaco dietro l'altro perchè ad ogni brano viene voglia di prendere l'aereo e raggiungere i posti che lo hanno ispirato.
Ma guardiamo avanti: altri momenti speciali ci aspettano, Ola e Mike verranno presto a trovarci di nuovo, gli amici bretoni "esigono" un concerto per la prossima estate, New York aspetta il film Shan... c'è tanto davanti a noi, non c'è spazio per la nostalgia.
Abbiamo presentato il CD davanti a una folla che ha riempito completamente il cinema Empire, trasformato per l'occasione in
un teatro da concerti. Siamo stati come sempre coccolati dal pubblico che ha gradito molto la serata e l'ha manifestato con
calore. Non stiamo a sottilizzare sulle mille difficoltà che hanno preceduto il concerto. Il mio mal di gola, Antonio, il sound engineer, che si è addormentato ed è arrivato tardi, neppure il tempo per un panino, Giancarlo che brontolava... tutto perfettamente normale.
Routine anche il fatto che alle prime note della cornamusa di Luca iniziasse la solita magia: il mio mal di gola è sparito lasciandomi sprigionare la voce delle grandi occasioni e tutto si è messo in moto magicamente come sempre. Questa volta, in più avevamo anche gli effetti speciali di Stefano che hanno incantato con la proiezione, dietro di noi, di momenti del film.
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10 Dicembre 2007
Vivere per tre giorni con un gruppo di scienziati all'avanguardia della ricerca scientifica è non solo stimolante ma anche molto divertente.
L'European Ufo Survey è una organizzazione europea con sede a Parigi che riunisce scienziati specializzati nelle varie discipline, fisici, matematici, astronomi, biologi, linguisti, archeologi, antropologi, di oltre 10 diverse nazionalità europee. Ognuno ha suo campo di competenza e di ricerca preciso, lo gestisce individualmente e condivide i suoi risultati quando e come vuole con il resto del gruppo. L'interesse comune che lega i vari esperti di settore è la ricerca di intelligenze diverse.
A me e Giancarlo è stato proposte di farne parte in qualità di esperti nel settore delle culture dei popoli naturali.
Durante i nostri workshop con i ricercatori dell'EUS abbiamo avuto modo di conoscere persone speciali, con la mente aperta e con l'atteggiamento di rispetto verso le idee altrui, requisito che ho sempre immaginato un vero scienzato dovesse possedere.
La curiosità verso tutto ciò che è fenomeno sconosciuto porta i nostri incontri a frenetiche discussioni e a giornate in cui, per sfruttare il poco tempo che abbiamo per stare insieme, non si dorme quasi mai.
La nostra specializzazione sulle filosofie dei Popoli naturali è sempre motivo di grandi confronti filosofico-scientifici. Tutto ruota sempre attorno a grandi interrogativi metafisici: che cos'è l'universo? Che cos'è il vuoto? Che cos'è la coscienza? Che cos'è il tempo? Si va avanti per ore e quasi sempre si scopre che, pur arrivando da percorsi diversi, si parla la stessa lingua.
La ricerca condotta all'interno dell'EUS ci porta a confrontarci con fenomeni inspiegabili come gli UFO, gli Orbs, i globi di luce. Non c'è limite alla ricerca ed è bello scoprire che esistono luminari della scienza senza pregiudizi di alcun genere.
In un luogo come Dreamland non è difficile incontrare fenomeni strani, ed è normale che le nostre discussioni si alternino ad "esperimenti" condotti di notte in mezzo alla natura.
Oltre a tutto questo, è stata una graditissima sorpresa scoprire il rapporto speciale che tutti loro, nessuno escluso, ha nei confronti degli animali. Un rapporto di grande rispetto e di amore che raramente ho visto in quella misura anche in umani sensibili al problema.
E il mio stupore non ha limiti nel vedere quanta fiducia Michelle e Maya diano a questi nostri amici. Le mie due coinquiline pelose hanno partecipato attente a tutti gli incontri del workshop, non perdendosi neppure una parola. Michelle ha dimostrato una spiccata simpatia per uno di loro, totalmente ricambiata.
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3 Dicembre 2007
Parallelamente alla mia First Life, su Second Life il mio avatar Sheela Nagy sta conducendo una vita piuttosto movimentata.
Ho già detto più di una volta che considero Second Life tutto fuorchè un gioco e che nonostante la demonizzazione che arriva puntualmente dai media verso i nuovi strumenti tecnologici, considero questo mezzo virtuale un grande terreno per far crescere idee e per diffonderle.
Second Life rappresenta una realtà che dovrebbe essere elemento di indagine e curiosità al pari della scoperta di un nuovo pianeta abitato da alieni. Qualche milionata di strani "esseri" che popolano un mondo tutto nuovo e in continua crescita non dovrebbe lasciare indifferenti. Ma pare che ci sia un tacito accordo da parte dei media, soprattutto italiani, per far sì che la gente non venga a conoscenza di quello che sta succedendo.
La First Life, o real life così come viene chiamata su SL, prende parecchio del mio tempo, cosicchè non sempre ho modo di dedicarmi come vorrei a SL. Eppure Sheela riesce a mandare comunque avanti le sue attività creative e a crescere nel nuovo mondo, continuando ad imparare cose nuove.
Mi è stato proposto di organizzare una mostra fotografica all'Art Gallery dell'Isola di Giove. Ecco una nuova sfida: come si fa una mostra su SL? Non ne avevo la più pallida idea. Ma alle sfide non resisto, e così ho impiegato un po' di notti a studiare il problema finchè non sono riuscita nel mio intento. Con l'aiuto di manuali e consigli di amici pià bravi di me ho realizzato una serie di pannelli con tanto di note esplicative. Il titolo della mostra era "Mother Earth People" e il tema era, ovviamente, la realtà dei Popoli naturali.
Mentre preparavo i pannelli sulla terra del LabGraal mi chiedevo quale fosse in definitiva la differenza tra First Life e Second Life. Stavo realizzando delle opere d'arte da esporre, esattamente come avevo già fatto in real life. Mi divertivo e mi impegnavo, come in rl. E mentre mi confrontavo con Amburlander, l'organizzatore della galleria, scrivevo su una tastiera esattamente come lui. Non stavo parlando con un video senz'anima, ma con una persona. Non importa se uomo, donna, vecchio, bambino, grasso, magro, brutto, bello, italiano, neozelandese, alieno, defunto, robot: in ogni caso, una "persona".
La sera dell'inaugurazione ero emozionata come lo potevo essere ad una "prima" in rl: era la mia prima mostra in SL! Ed è stata un grande successo. E' arrivata una folla di avatar, amici e sconosciuti, avatar mossi da gente proveniente da tutto il mondo. Mi hanno fatto un mare di complimenti ed io gongolavo, anche perchè fino a quel momento non ero così sicura che tutto scorresse liscio, che non avrei fatto qualche figuraccia: in fondo, su SL c'è così tanta gente che vedo muoversi più sciolta di me! E invece è andata benissimo. Amburlander era strafelice: anche per lui era la prima mostra della sua nascente Galleria. E' stata un'esperienza bellissima.
E ogni volta che incontro amici lontani che stanno al di là del globo, ringrazio SL per l'opportunità di poterli frequentare, di poter cazzeggiare con loro in un rapporto di quotidianità, di poter andare a pattinare insieme o di viaggiare, o semplicemente filosofeggiare a Shan Land dopo una meditazione. SL ti avvicina più di Skype o delle mail, strumenti preziosi ma che non hanno le stesse potenzialità.
Anche JohnTitor Shan, l'avatar di Giancarlo, sta spopolando: è stato invitato da Jacaranda Flanagan al Circolo letterario Dora Grossa di Torino Italy a presentare il suo libro di poesie "Sotto le Stelle". John ha letto delle poesie animaliste creando una situazione commovente e irreale nell'irrealtà.
La mia instancabile Sheela, con l'aiuto di John, ha già realizzato due numeri della Rivista Shan Magazine in SL. Le interviste realizzate per la rivista permettono di conoscere "dal di dentro" alcuni scorci dei mondi virtuali che costituiscono SL. I redattori anglofoni SaduV e Ulysses sono un prezioso contributo per arricchire la rivista di articoli in inglese.
In definitiva, in SL sembra tutto facile, molto più facile che in rl. Instauri rapporti, proponi idee, e trovi sempre qualcuno che ti dà retta e fiducia. Una sensazione simile l'avevo avuta in Australia, dove davvero sembrava che qualsiasi cosa fosse possibile.
Più frequento SL e più mi accorgo che non esiste conflitto fra le due realtà: sono universi paralleli che si sovrappongono l'uno sull'altro. Fare una mostra, un concerto, una conferenza, in SL o in RL, in fondo è la stessa cosa. Sono semplicemente spazi abitativi diversi che si supportano su protocolli diversi, ma entrambi sono mondi virtuali.
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30 Novembre 2007
Noi del LabGraal, non paghi di aver fatto un film e di averlo promosso in tutta Italia, oltre che aver mandato avanti le nostre solite centinaia di attività legate a concerti e quant'altro, ora ci mettiamo pure ad organizzare rassegne teatrali.
La grande novità di quest'anno per il LabGraal è sicuramente il film Shan, il 2007 è indissolubilmente legato a questo evento. Ma un'altra iniziativa piuttosto ambiziosa, e in fondo anch'essa "parto" del film, è "Graal Empire".
Chi conosce Torino sa che la piazza più famosa, frequentata, animata della città è piazza Vittorio. E' la piazza più grande d'Europa, una piazza bellissima proprio di fronte alla Gran Madre, la chiesa esoterica con la statua della "Signora del
Graal". La coppa sostenuta dalla statua di fronte alla chiesa, secondo gli esoteristi, sembrerebbe indicare il luogo dove è nascosto il Graal. Anche il nome dato alla statua, la "Gran Madre", fa pensare ad antiche tradizioni legate al culto della Natura.
Mi sento molto legata a piazza Statuto, sia per il sentimento che mi unisce alla nostra "vecchia" sede, il club che ha visto tante nostre esibizioni e anche il sorgere della prima boutique celtica, con l'aspetto di una vecchia bottega d'altri tempi.
Anche piazza Statuto è pregna di simbolismi esoterici, con una antica storia alle spalle e ben lontana dai luoghi comuni che la dipingono bianca o nera a seconda di chi la interpreta. Ma dopo piazza Statuto, sicuramente la zona che amo di più a Torino è piazza Vittorio. Ebbene, mai più mi sarei aspettata di "mettere su casa" in quella zona.
Anche questo è un parto di Shan, il magico film che ha scatenato una serie infinita di creatività, iniziative, eventi.
A dispetto di qualsiasi aspettativa del regista e dei protagonisti (noi, gli ignari musici), Shan ha vissuto fin da subito di vita propria: ha dato vita ad un figlio prematuro, cioè il libro Shan, concepito quando ancora il film non era nelle sale; ha prodotto una serie di eventi e kermesse tutte ruotanti intorno al film. Ora Shan ci ha buttati di brutto in un'impresa che a prima vista poteva sembrare piuttosto ardua: gestire una rassegna teatrale nei locali del cinema che lo ha visto nascere.
Evidentemente Shan era affezionato alla sua prima culla e non voleva staccarsene. Il legame di amicizia e collaborazione che si è creato con i gestori del cinema, nonchè distributori del film, ha portato noi Labs a mettere in moto un calendario di eventi da svolgersi il giovedì sera al Cinema Empire di piazza Vittorio. Un'altra sfida, un'altra attività creativa.
Ma il salto nel buio era piuttosto azzardato: non avendo esperienza come "impresari" teatrali ci è venuto il dubbio di aver sfidato un po' troppo la sorte. Eravamo abituati ad organizzare serate al Garage di Arte e Cultura, il nostro club di piazza
Statuto, sicuramente una dimensione più famigliare. Saremmo stati in grado di gestire una situazione più grande, ad un livello più alto? E poi il nome... Graal Empire... L'Impero del Graal, tanto per essere modesti!
I risultati positivi si sono visti da subito. Volevamo creare uno spazio in cui far incontrare musica, cultura, congressi, arte, cinema. Volevamo che tutte le attività nascessero all'insegna dell'ecospiritualità, l'esperienza che respiriamo a contatto con i Popoli naturali, Nativi europei compresi. Volevamo usare questa occasione per dire la nostra, per far sentire
una voce controtendenza in un mondo politically correct. Dare voce ai popoli e alle realtà invisibili. Parlare di animalismo, di megalitismo, di antiche tradizioni.
E dare spazio a espressioni artistiche e culturali che secondo noi meritano di essere conosciute.
Abbiamo trovato molti artisti che con entusiasmo ci hanno appoggiati e aiutati, come il musicista Madaski, l'attore Renato Liprandi, il saxofonista Danilo Pala. O anche i francoprovenzali Li Magnoutoun, gruppo numerosissimo che ha portato in parole e musica un po' della tradizione sommersa delle Valli alpine.
La rassegna è iniziata con il congresso "Rama Vive" in cui abbiamo presentato il libro scritto da me e Giancarlo e il
documentario sul megalitismo in Piemonte di Luca. Partecipavano Madaski, Guido Barosio di Torino Magazine, il "nostro" regista Stefano Milla, Marco Pulieri da Roma. Gino, il nostro mitico ufficio stampa, coordinava. L'interesse per l'argomento è stato notevole.
Noi eravamo raggianti, sia per l'inizio di questa nuova e divertente attività, sia per il successo della serata.
L'appuntamento successivo è stato una autentica "chicca" che ha incantato tutti i presenti: Renato Liprandi, il De Marinis della fortunata serie televisiva "Camera Cafè", ha interpretato Edgar Allan Poe intercalato da un grande saxofonista come Danilo Pala. Una serata ad altissimo livello che ha fatto rimanere con il fiato in sospeso il numerosissimo pubblico.
La volta dopo è toccato a Li Magnoutoun che hanno portato una ventata di allegria, con i loro cori e le loro geniali trovate sceniche. Li accompagnava il regista Piercarlo Sala che coadiuvava la parte musicale e teatrale con immagini dal suo film "Ego Sum Stria". Insomma serate veramente ben riuscite, al di là delle più rosee aspettative e nonostante la nostra inesperienza in questo settore.
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19 Novembre 2007
La nostra indagine sul megalitismo delle nostre valli prosegue e non finisce di riservarci sorprese.
Dall'inizio di questa ricerca si è messo in moto un meccanismo che sembra produrre un effetto a macchia d'olio: più troviamo posti e reperti preziosissimi, più ne saltano fuori come dal nulla.
Il progetto "Rama Vive" ha innescato un processo a catena che produce informazioni a effetto esponenziale: sembra ci sia una corsa a passarci dati, a darci indicazioni. Questo progetto pare vivificare una cultura silente, una strana creatura autonoma con una identità pronta ad innescarsi al momento opportuno.
Quando io e Giancarlo, subito seguiti con passione dal resto del LabGraal, abbiamo varato questo progetto immaginavamo di trovarci di fronte ad una serie di difficoltà, e questo si è puntualmente avverato. Ma quello che non immaginavamo è la partecipazione che il progetto avrebbe suscitato. E' come se le persone non aspettassero altro che questo.
Il progetto "Rama Vive", come si può arguire dal nome stesso, vuol far rivivere un'antica cultura mai veramente morta, seguendo le tracce di una leggenda che parla di un'antichissima città megalitica che sarebbe esistita nelle valli piemontesi in epoche preistoriche.
Una "missione impossibile" se si considera che di questa antica civiltà non vi è più apparente traccia. Ma seguendo il filo della leggenda le sorprese non sono tardate a venire. E finora la nostra tesi ha trovato solo conferme.
Della leggenda di Rama si parla ancora in testi dell'800, da parte di storici, archeologi e filosofi. Poi, il nulla.
Eppure, altra sorpresa, i romani ricordavano la città di Rama: è citata nei ritrovamente dell'epoca di Augusto, nelle tappe di un itinerario che va da Roma a Gades (Cadix, in Spagna). Tra i nomi delle città del Narbonnaise compare la città di Rama. Proprio in quella zona, vicino a Briancon, da qualche anno gli archeologi d'oltralpe hanno iniziato degli scavi per cercare la città megalitica di Rama. Gli scavi stanno dando frutti oltre ogni più rosea previsione: hanno rivelato un antico e vastissimo insediamento celtico.
In una zona vicina in linea d'aria, in Val di Susa, pochi mesi fa sono state rinvenute quelle che abbiamo chiamato le "Mura di Rama": bastioni di mura megalitiche in pietra che, per via del luogo in cui sono state scoperte, possono essere classificate come parte delle grandi mura della città di Rama. L'aspetto e l'imponenza di questi ritrovamenti ricordano quelli delle fortezze andine e presentano una straordinaria similitudine con le mura delle fortezze megalitiche del centro Italia, come quelle dell'area del Circeo, vicino a Roma, realizzate si presume dai Pelasgi e poi riutilizzate in epoche successive dai romani.
La mitica città di Rama non è più solo una favola ma inizia a prendere forma l'idea che possa trattarsi di qualcosa di più che una leggenda.
Da quando abbiamo iniziato questa ricerca, le nostre mail box e segreterie telefoniche sono affollate di indicazioni su posti da visitare, con persone che con molto entusiasmo si rendono disponibili ad accompagnarci in posti impervi e altrimenti introvabili. Aiuti che giungono in maniera totalmente disinteressata all'unico scopo di fornire preziosi tasselli per la nostra ricerca.
Con il preziosissimo aiuto di una di queste persone abbiamo potuto scoprire un reperto megalitico importantissimo: la "pera cunca". Ne avevo sentito parlare ma nessuno apparentemente sapeva dove si trovasse, e in effetti, se non fosse stato per il collaboratore che ci ha portati sul posto, non l'avremmo mai trovata.
La "pera cunca" è un altare druidico preistorico a forma di medicine-wheel: un masso circolare con una grossa coppella al centro e altre numerose coppelle intorno. E' stata una autentica emozione trovarmi di fronte ad un reperto così importante, ben conservato, e sacro. Abbiamo già potuto appurare che la presenza delle coppelle e della forma a medicine-wheel rivela l'uso sacrale del megalite. Questa volta però c'erano altri elementi che si facevano notare: innanzitutto il luogo.
Un bosco molto esteso, riparato, non frequentato, stranamente pulitissimo. Come se fosse abitato. Per tutto il tempo della nostra visita ci siamo sentiti osservati, se pur in modo benevolo e curioso. Una sensazione molto simile a quella provata nel Bunyip Park, in Australia.
Poco distante dalla "pera cunca" altra sorpresa: tre menhir seppelliti affiancati e "in piedi". Era la prima volta che mi capitava di vedere menhir situati in quella posizione. Mi sono venuti in mente i Picti di Scozia, il popolo celtico che quando stava per essere sottomesso alla nuova religione, anzichè arrendersi ha sepolto le proprie pietre sacre in attesa di tempi migliori, ed è scomparso nel nulla.
Storie parallele di Nativi europei che hanno visto sgretolarsi la loro storia, la loro libertà e le loro tradizioni.
Il bosco del Canavese che ospita la "pera cunca" sembra conservare lo spirito pagano a cui era ispirato quel luogo di culto. Non a caso, proprio nel mezzo del bosco sorge una cappelletta cristiana, costruita apposta per esorcizzare l'eresia pagana.
Sempre nei pressi, l'ultima sorpresa: un grandissimo tumulus circolare a tre piani, una vera e propria collina, al cui interno si accede per una porta seminascosta.
Al ritorno il nostro accompagnatore ci ha mostrato un'altra particolarità del luogo: un menhir triangolare che gli abitanti del posto usano per curare il mal di schiena. Hanno addirittura posato una pietra piatta a ridosso del menhir che è usata da sedile. Una volta di più abbiamo avuto la conferma che le usanze pagane e le antiche tradizioni resistono nel tempo anche se apparentemente non c'è più posto per loro.
Una appassionata collaboratrice ci ha permesso di visionare una preziosissima e rara grande pietra con incisioni runiche, in un posto che sembra un bosco incantato, chiamato "Pian dei Morti", che anticamente veniva usato come luogo di culto.
Un altro sito megalitico incredibilmente vasto e ben conservato è quello di Celle, in Val di Susa. Allineamenti di menhir che si estendono per centinaia di metri, all'interno di boschi con grandi massi coppellati, e con muretti in pietra a secco circolari che apparentemente non hanno alcuna funzione.
Sembra di essersi teletrasportati a Carnac, in Bretagna. Eppure tutto questo, apparentemente, non esiste. Pochi hanno idea di quanto sia vasta e imponente la realtà megalitica del Piemonte. E non solo del Piemonte, ma di tutte le regioni d'Italia. La notizia della nostra ricerca sta rapidamente diffondendosi e stanno arrivando segnalazioni di luoghi megalitici da tutta Italia. Una realtà sommersa che a quanto pare non vedeva l'ora di mostrarsi e di uscire finalmente dalle tenebre in cui era stata avvolta.
E noi, a nostra volta, non aspettiamo altro che diffonderla.
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6 Novembre 2007
Confesso che non capisco lo snobismo di chi si tura il naso quando si parla di Second Life.
Da parte mia, pur non essendone una assidua frequentatrice, continuo a considerare questo ulteriore strumento tecnologico come un mezzo con infiniti utilizzi di comunicazione mediatica e interattiva.
Stasera, ad esempio, ho vissuto una bellissima esperienza di condivisione spirituale con persone lontane fisicamente anche migliaia di chilometri.
Sheela, il mio avatar, insieme con JohnTitor ha organizzato una meditazione planetaria da tenersi su SL a Shan Land ogni primo martedì del mese a mezzanotte, ora di Parigi.
Siamo arrivati da posti diversi ed abbiamo fatto meditazione insieme, con la musica del flauto di John. Si è creato un momento fuori dal tempo, un silenzio e una fermata che faceva sentire a casa e allo stesso tempo in un posto qualunque dell'universo.
Penso che chi demonizza Second Life, o chi con orgoglio dichiara ai quattro venti che non la frequenterà mai, forse non ha capito la portata dell'utilizzo di questo mezzo. Trovarsi con persone lontane a fare meditazione è una cosa che fa star bene e non può che arricchire.
Lo dimostrano anche la discussione e le idee nate dopo la meditazione. Nessuno di noi aveva voglia di lasciare il luogo, e ci siamo messi a parlare e a confrontarci. Ci chiedevamo come poter far conoscere questa iniziativa, come raggiungere persone di ogni latitudine.
Un'ora e mezza dopo, eravamo ancora lì, pensando che fossero passati solo pochi minuti. Nel frattempo abbiamo partorito un'idea: una rivista interamente pensata, organizzata, scritta ed editata su Second Life. Saranno i nostri avatar a lavorare per noi. Ci sarà anche una redazione inglese, curata da Ulysses. L'idea, modestamente lanciata da Sheela, ha suscitato un grande entusiasmo nei presenti, tanto che abbiamo già fissato la prima riunione di redazione per lunedì prossimo, ovviamente su Shan Land. E' già nato un comitato di redazione e Sheela è stata nominata direttore per acclamazione. Sono molto orgogliosa di lei!
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1 Novembre 2007
Viviamo continuamente in bilico tra i mondi, visibili e invisibili. Com'è possibile dimenticarsene? Ma anche se delle botte di distrazione a volte ci fanno perdere di vista questa realtà, in questo periodo i tanti mondi in cui esistiamo sembrano
farsi più reali del solito, sembrano prendere una forma talmente consistente che solo dandoci delle potenti martellate in testa potremmo forse riuscire a non accorgerci della loro esistenza.
E' Samain, è il periodo dell'anno in cui secondo i Druidi le porte tra il nostro mondo e l'"Autre Monde" si mostrano facilitando il passaggio e la comunicazione tra gli esseri che stanno al di qua e quelli dell'Aldilà.
I Celti vivevano una filosofia basata sull'incontro tra visibile e invisibile, in cui l'interazione tra i mondi era una
realtà pragmatica. Immaginiamo se fossimo cresciuti in una cultura con una visione filosofica di questo tipo: forse saremmo tutti di mentalità più aperta, forse non dovremmo fare tanta fatica per recuperare quella magia che vivevamo nell'infanzia. E in effetti le culture che mantengono questa mentalità sembrano conservarne anche la magia. Non mi riferisco solo alla mentalità irlandese, bretone, aborigena, ma anche a quella delle culture autoctone delle valli alpine. La cultura
francoprovenzale, ad esempio
Nelle valli piemontesi esistono culture native che danno per scontata l'inesistenza del confine tra quotidiano e magia. I "vecchi", così come vogliono essere definiti alla faccia del politically correct, l'arte della magia la chiamano "la
fisica". Un termine che mi sembra molto alchemico e che esprime bene la natura di certe pratiche, oggi tanto demonizzate
dal clero, anticamente considerate come facenti parte della vita quotidiana. Queste stesse tradizioni, ancora vive, mantengono il vero significato della celebrazione di Samain.
Oggi c'è una grossa polemica sull'usanza di Halloween, festa pagana che ha ormai quasi soppiantato la ricorrenza cristiana di Ognissanti. Si è creata una contrapposizione al punto che sono nate iniziative promosse dal clero per sottolineare la
cristianità della ricorrenza. A Torino è stata organizzata addirittura una contro-Halloween. Eppure tutti sanno che questa celebrazione è prima di tutto celtica: l'antica celebrazione di Samain, il capodanno celtico, la festa più importante di tutto il calendario dei Celti. Come tutte le feste celtiche è stata cooptata dal cristianesimo, quindi perchè lamentarsi?
Il significato del Samain non solo non può nuocere a nessuno, ma può solo arrecare del benessere. Ricorda che conviviamo con il Mistero, ricorda che abbiamo una natura trascendente, induce al silenzio e alla riflessione. E a rispettare e non
dimenticare le creature dell'aldilà, siano esse defunti o esseri di qualsiasi natura. Considerando i valori che ci vengono propinati mediaticamente ogni giorno, da quando ci alziamo la mattina a quanto ci corichiamo, valori basati sull'effimero che se presi a riferimento possono portare solo all'annientamento totale dell'individuo, e che al contrario di Halloween non mi sembra vengano demonizzati ma fanno parte della normalità, credo che l'insegnamento di Samain possa solo fare bene all'anima.
Halloween è l'aspetto più godereccio e trasgressivo della ricorrenza, una sorta di catarsi collettiva che attraverso la dissacrazione e la goliardia prende in giro i grandi tabù. E' vero che gli USA l'hanno trasformata in un grande business, ma è anche vero che Halloween la festeggiano i bambini irlandesi e scozzesi da centinaia di anni. E in ogni caso, ormai è un processo irreversibile: al di là di ogni polemica, le feste di Halloween dilagano a tutti i livelli e sono molto più allegre e meno inquietanti della ricorrenza dei morti.
Noi del LabGraal non abbiamo fatto eccezione: come ogni anno abbiamo celebrato Samain gustandoci questa ricorrenza nei suoi molteplici aspetti, secondo la tradizione.
Abbiamo ballato, ci siamo travestiti, abbiamo fatto il falò, Luca ha suonato la cornamusa al cerchio di pietre. Abbiamo unito a momenti di baldoria momenti di riflessione.
E tanto per non farci mancare nulla, abbiamo vissuto in contemporanea due feste di Halloween: una nella First Life
e l'altra su Second Life.
Sheela, il mio instancabile avatar, ha organizzato una festa di Halloween su LabGraal land. Ci hanno raggiunto amici da Praga, Sardegna, Roma e altri posti lontani. Devo dire che non è stato facilissimo gestire entrambe le feste, ma del resto, le cose semplici non fanno per noi.
Era interessante vedere Luca ballare intorno al falò e suonare la bagpipe in entrambe le Life.
La notte è volata via in un attimo. I momenti di baldoria sono stati caratterizzati da sfrenate danze tradizionali, da un ottimo buffet celtico ormai collaudato, da un angolo bar molto ben rifornito. E da tanta buona musica celtica. In un angolo, la tavola addobbata e imbandita per i defunti, usanza ancora viva anche nelle nostre valli, ricordava che la festa non era solo baldoria ma anche riflessione.
Al cerchio di pietre abbiamo celebrato Samain secondo la ricostruzione di un antico rito celtico. Alla luce delle torce, la bagpipe di Luca ci ha trasportato di colpo in una dimensione senza tempo e le parole di Giancarlo hanno sottolineato la
nostra posizione esistenziale tra visibile e invisibile. Sotto un incredibile cielo stellato, con le grandi pietre illuminate dalla luna, era difficile capire se quello che vivevamo era sogno o realtà. Ma in fondo, qual è la differenza?
E poi il falò e ancora danze sfrenate.
E' stata insomma una notte speciale e magica, e non sono mancati i fatti strani. Le foto fatte al cerchio di pietre hanno rivelato strane luci; ok, saranno dei riflessi, tutto quello che volete. Ma come mai questi riflessi sono a forma rotonda e
nitida e guardando le foto in sequenza compiono un percorso che sembra quello di un oggetto che si muove nel cielo?
Altro fatto strano: chi era quel gatto nero che molti dei nostri amici hanno visto comparire qua e là, come se giocasse a nascondino? Dopo Dana, non abbiamo più avuto gatti neri. Ma mi piace pensare che fosse lei.
Dana, eri tu che ieri sera hai attraversato la porta di Samain per venirci a trovare? Io sono ancora qui, in questo giardino di pietra a combattere con la rigidità di questa dimensione. Non badare a me, và avanti per la tua strada, goditi il morbido fluire dell'esistenza. E, se vuoi, diamoci appuntamento per il prossimo Samain, quando i "morti" che stanno al di qua della porta si incontrano con i "vivi" che stanno al di là.
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10 Ottobre 2007
E' difficile sintetizzare in poche parole una overdose di esperienze, emozioni, sensazioni, ricerche, sorprese, incontri, il tutto avvenuto in maniera così rapida e inaspettata.
Tutto è nato da una leggenda: la leggenda della città di Rama. Io e Giancarlo nel metterci sulle tracce di Rama eravamo motivati da ragioni più che valide e da indizi "oltre ogni ragionevole dubbio". E così io e i miei compagni, sentendoci un po' Indiana Jones, un po' Schliemann, ci siamo messi sulle sue tracce, a scarpinare come dei caprioli su e giù per le valli, alcuni di noi appassionati soprattutto alla ricerca delle trattorie che concludevano le nostre escursioni. Ma non facciamo nomi.
Spesse volte ho affermato che i megaliti hanno segnato i nostri viaggi, comparendo anche in maniera inaspettata, come è successo ad esempio in Australia. Li abbiamo trovati dappertutto, tutto il pianeta ne è cosparso. Su tutti i continenti esistono grandi templi megalitici a testimonianza di una cultura planeria di cui oggi non si ha memoria, di un passato sconosciuto e, a quanto sembra, scomodo.
Oggi il nostro viaggio infinito continua nelle nostre valli. La "cerca del Graal" ci conduce in un percorso a spirale che ruota sempre più vorticosamente verso il centro, e forse siamo davanti ad una nuova fase importante ed essenziale che potrà
darci non solo ulteriori elementi per comporre il puzzle di tutta una vita, ma addirittura (forse) anche la chiave di tutta una storia che, se vista in maniera slegata, apparentemente non ha nessun senso, mentre in realtà è chiarissima.
La ricerca delle tracce della città di Rama ci ha portato in posti stranissimi, struggenti, sconosciuti, pur se vicinissimi a noi. E' incredibile scoprire di avere vicino a casa posti di una bellezza così selvaggia e antica, dove l'atmosfera si fa incantata e dove ti sembra di poter incontrare esseri di qualunque dimensione.
Ma la sorpresa più grande è stata la scoperta delle tracce dell'antica cultura celtica e pre-celtica, tracce che sono lì sotto gli occhi di tutti: i megaliti sono ovunque, basta saper guardare al di là dell'ovvietà che rende ciechi e andare oltre l'ipnosi collettiva che impedisce di coglierne l'evidenza.
Spesso questi indizi sono talmente grossi che c'è da chiedersi quale polverina mettano nell'acqua potabile per impedirci di vederli. Come nel caso del dolmen di Cantoira, enorme e trascurato, parzialmente inglobato nella struttura di una strada provinciale.
La ricerca si è fatta via via sempre più appassionante man mano che ci siamo addentrati nelle valli e nella cultura megalitica. Si parte solitamente da pochissimi indizi, seguendo le indicazioni (molte volte confuse) che ci vengono comunicate, più spesso l'istinto. E qualche volta, quando ci sembra di intuire che il reperto è lì a pochi passi da noi ma non riusciamo a scorgerlo, confessiamo che usiamo anche strumenti poco convenzionali come il "pendolino". Che di solito c'azzecca.
In alcuni casi è stato esaltante scoprire dolmen nascosti, anche molto imponenti, apparentemente sotto gli occhi di tutti ma sconosciuti come se si rendessero invisibili.
Nelle nostre spedizioni ci è capitato "casualmente" di incontrare persone molto particolari. Nativi del posto che ci hanno aiutato nella ricerca, con i quali ci siamo capiti. Abbiamo visto i loro occhi illuminarsi davanti al nostro entusiasmo e alla nostra determinazione. Ci hanno condotti in posti speciali e segreti, e la sensazione non era poi così lontana da quella provata in Australia, quando gli aborigeni ci conducevano nei loro luoghi sacri.
Mi rimarrà impresso il percorso all'interno di un fitto e incantevole bosco della Valle del Tesso, che probabilmente non riuscirei più a ritrovare, guidata da un signore del luogo che ha voluto condividere con noi un posto per lui speciale. Ci ha mostrato una roccia che nessuno conosce, in un posto impervio, con tre grandi coppelle e altre più piccole attorno. Il luogo è considerato maledetto perchè abitato da diavoli e streghe: è l'indizio scontato che rivela traccia di un culto pre-cristiano, e come tale demonizzato.
Salendo per le valli si scopre che sono state abitate da persone ben strane, viste le strutture che hanno lasciato. Ad esempio il grande uovo di cemento armato di Groscavallo, costruito da un ricercatore di fine '800. E'una struttura talmente strana e perfetta nel suo genere che viene da chiedersi quale tipo di messaggio volesse lasciare il suo costruttore. Forse un messaggio alchemico?
Mi ha incantato attraversare la Val Grande, bella e selvaggia, fino all'ultimo paesino, Forno Alpi Graie, dove finisce la strada. Lì c'è uno strano masso, enorme, a ridosso dell'abitato. Eravamo guidati da una leggenda nella leggenda: il masso porta con sè la credenza che lo attribuisce all'opera del demonio (e quando si parla di demonio... un altro indizio).
Secondo la leggenda il diavolo, nel tentativo di distruggere un paese abitato da peccatori ed eretici, voleva scagliare un masso d'oro sulle case, ma un eremita, con le sue preghiere, ha indebolito il demonio ed ha fatto scendere dolcemente il masso, che si è posato a ridosso delle case. La roccia ha perso la sua luccicanza ma è diventata la protettrice del paese. La leggenda sembrava riecheggiare il mito di Fetonte da cui sarebbe nata la città di Rama: anche questo mito parla di una caduta dal cielo di un oggetto d'oro, da cui sarebbe nata in seguito una grande civiltà, quella appunto della città di Rama.
Incuriositi, al culmine di un percorso che ci sta portando sempre più "dentro" la leggenda, ci siamo messi in viaggio per la Val Grande alla ricerca del grosso masso. E qui c'è stata una grande sorpresa. L'agglomerato roccioso è in effetti come
incollato alle case del paese, alcune sono attaccate alla roccia. Ma ciò che ci ha colpito è che ci sembrava di esserci di colpo teletrasportati ad Hanging Rock, in Australia. La sensazione è stata la stessa. Abbiamo percorso l'antico sentiero di pietra che porta alla sommità del masso, una strada tra le rocce costruita con grossi blocchi di pietra che ci ha incuriosito sugli strumenti usati da questi "primitivi". Mentre salivamo ci chiedevamo se eravamo davvero lì o in Australia. In alto, sopra il grande masso erratico, c'erano ovunque delle emormi pietre che sembravano menhir molto antichi, caduti o spezzati.
Mentre stavamo tornando ho fatto un incontro che reputo particolare, quegli incontri che ti danno l'impressione di avere un senso ma il cui significato si scopre dopo. Un signore del posto mi ha raccontato la sua esperienza con i luoghi che stavo visitando; mi ha raccontato la storia del paese e dello strano masso. Mi ha rivelato altri posti particolari, strane pietre
incise e con coppelle, che lui sostiene essere numerosissime da quelle parti. Mi ha raccontato della presenza dei "bonhòm", costruzioni antropomorfe di pietra, che costellano le valli, dalla descrizione e dalle foto simili agli Inuk-shuk dei Nativi del Canada. I bonhòm sono antichi di millenni e rivelano le tracce di antichi culti pre-cristiani. Gli alpeggi della Val Grande ne sono costellati. Il nome ha acceso tutta la mia attenzione, poichè "Bons Homes" è l'antico nome che si davano i Catari dei Pays d'Oc per distinguersi dai loro persecutori! Termine che è poi diventato sinonimo di "eretico" e successivamente è stato trasformato in un significato denigratorio: "bun om" in Piemonte sta per persona sempliciotta, innocua e un po' scemotta.
Ma quello che mi ha fatto sobbalzare è stato l'apprendere l'antico nome dato dai valligiani al grande masso di Forno: "roc pendù", ovvero roccia appesa, ovvero Hanging Rock.
C'è un disegno in tutto questo? Sono all'interno di un videogame il cui ideatore si sta prendendo gioco di me?
Questo percorso all'interno di una leggenda sta rivelando particolari sorprendenti e anche inquietanti. Ci siamo resi conto che scavare nel lontano passato della nostra storia è impresa assai ardua non solo per via della disinformazione e degli scarsi e scarni dati a cui accedere, ma anche per via degli ostacoli che si frappongono sul cammino, ostacoli che sembrano creati ad arte da una qualche regìa occulta. Persone che hanno intrapreso una ricerca analoga ci hanno raccontato fatti che non avremmo mai immaginato potessero accadere. Pur rimanendo con i piedi ben ancorati a terra, non possiamo non tener conto di racconti che sembrano storie da "Codice Da Vinci". Un signore che sembra tutto fuorchè un fanatico paranoico ci ha
raccontato le sue peripezie e disavventure dal momento in cui si è messo sulle tracce della vera storia del Piemonte. Un altro signore di Savona, anch'egli persona seria e stimata, ci ha raccontato una storia analoga, questa volta in Liguria, ma con particolari identici: entrambi (senza aver alcun legame tra di loro) erano stati sottoposti ad una sorta di persecuzione, con minacce e denunce,
queste ultime senza alcun fondamento. Entrambi sono stati scagionati ma hanno speso anni e denaro per discolparsi. Le accuse? Stavano facendo ricerche non autorizzate. Ma non autorizzate da chi? A quale autorità competente dobbiamo chiedere il permesso di andare in giro per i boschi a fotografare megaliti?
Questi nostri conoscenti, ed altri ancora, ci hanno raccontato cose ancora più inquietanti, ma prima di raccontarle sul blog voglio verificarle.
Ma questi racconti, raccolti in tutta confidenza, espressi dagli interessati con timore e cautela, denotavano una autentica paura ad esporsi e rivelavano che se mai qualcuno ha voluto intimorire queste persone ci è riuscito in pieno. Molti ricercatori appassionati si sono fermati e arresi. Altri continuano le loro ricerche di nascosto, tenendosi tutte le scoperte per sé, con il risultato che queste scoperte moriranno con loro.
Le domande che sorgono sono infinite. Chi avrebbe mai detto che delle vecchissime ed innocue pietre suscitassero un simile scalpore? A chi fanno così paura? Perchè c'è tanta cautela nel pronunciarsi? Perchè non vengono eseguite ricerche su un patrimonio così vasto ed imponente? Perchè, almeno, non lasciare che i ricercatori autodidatti facciano le loro ricerche in santa pace, divulgando le loro scoperte?
Vi sono casi limite, esempi di disinformazione che voglio raccontare. Lazio, Parco del Circeo: esistono imponenti megaliti, mura preistoriche, dolmen, un patrimonio colossale. Sapete come viene classificato? Contro ogni evidenza architettonica, come "mura romane"!
Altro caso, molto più grave: Briaglia, provincia di Cuneo. Dal sito www.ars2000.it si apprende che nel 1970 l'archeologo Janigro d'Aquino scoprì un vasto insediamento megalitico di oltre 4.000 anni fa, con numerosi menhir, cromlech, altari dedicati alla Dea Madre, e moltissimi dolmen. Il ritrovamento più sensazionale è stato il dolmen a tumulus formato da una galleria lunga oltre 30 metri, paragonabile al tumulus di Newgrange, in Irlanda. D'Aquino ha eseguito ricerche con mezzi propri per tre anni, poi ha
sottoposto il suo lavoro alla supervisione della soprintendenza alle antichità del Piemonte e alla società di studi storici, artistici ed archeologici di Cuneo. Da allora sono passati più di 30 anni, ma le ricerche non sono mai state fatte e il sito è andato quasi completamente distrutto. Tutti i reperti sono stati abbandonati nel più completo degrado. Il prezioso dolmen sotterraneo non è più accessibile in seguito a frane. Nel sito erano state ritrovate anche molte pietre incise con simbolismi analoghi a quelli della Valle delle Meraviglie. Le pietre, affidate da D'Aquino ad una chiesa della zona, ora sono scomparse. Per fortuna tutta la preziosa documentazione relativa alle sue ricerche è stata conservata da appassionati dell'argomento che hanno preso a cuore il caso. Ma al di là delle foto e dei disegni, non rimane più quasi nulla. Ed è scandaloso.
Inspiegabile è anche l'atteggiamento nei confronti delle antiche leggende. In particolare, la leggenda della città di Rama sembra suscitare nelle persone due tipi di reazione: un interesse autentico e genuino e un atteggiamento di derisione. Per questi ultimi parlare della leggenda di Rama, e della conseguente ipotesi di un'antica civiltà scomparsa che abitava nelle valli Piemontesi, sembra eresia. L'argomento viene liquidato con una risata e archiviato insieme con altri argomenti considerati "poco seri" tipo ufo, crop circles ed affini.
Eppure della città di Rama se ne parla in testi dell'Ottocento, è citata nelle cronache dei Romani, esiste addirittura una ricerca archeologica oltralpe dedicata alla antica città ciclopica. Non basterebbe tutto questo per vagliare almeno l'ipotesi di una seria ricerca sull'argomento?
Io e i miei compagni non demorderemo. La storia del LabGraal insegna che gli ostacoli hanno solo l'effetto di renderci ancora più determinati. Da sempre lottiamo al fianco degli Apache, degli Aborigeni, dei Bretoni per battaglie considerate perse in partenza, ottenendo risultati insperati.
Ora lotteremo anche per noi e per la nostra storia. Vogliamo dare la maggior visibilità possibile ai megaliti, alle
leggende, alle tradizioni ancora in vita, affinchè non finiscano nel dimenticatoio. Non vogliamo tenere nulla per noi: ogni scoperta verrà documentata e divulgata. Aperti a qualsiasi indagine da parte degli esperti di settore, disponibili ad ogni collaborazione. Moltissime persone, incentivate dalla nostra ricerca e dal nostro entusiasmo, ci stanno aiutando segnalando
luoghi megalitici, raccontandoci usanze e leggende. Ne sta venendo fuori una storia che ha dell'incredibile, tanto è vasta e documentata. Credo sia l'unico modo per superare la cover up creata in secoli di disinformazione. E anche per superare i timori di chi è appassionato alla ricerca megalitica ma è stato in qualche modo inibito ad attuarla.
Il megalitismo è presente in tutto il mondo, e tutte le regioni di Italia ne sono zeppe. Sarebbe bellissimo se tutti i ricercatori disinteressati che hanno a cuore l'argomento si mettessero in moto e creassero una rete per scambiarsi dati e colmare così quella grande lacuna storica che ci vuole far credere che prima della civiltà romana non sia successo nulla di interessante.
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15 Settembre 2007
APPROVATA DALL'ONU LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEI POPOLI INDIGENI!
Dopo ben 22 anni di dibatti e negoziati questo è un evento che rappresenta una pietra miliare nella storia dei Popoli naturali.
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato quasi all'unanimità la Dichiarazione, mettendo fine a un lungo processo che ha messo a dura prova i nervi e la pazienza dei negoziatori che instancabilmente hanno mandato avanti questa estenuante trattativa.
Con 143 Nazioni a favore, 11 astenute e 4 contrarie la Dichiarazione è passata segnando una tappa fondamentale nella storia dell'umanità.
I comunicati stampa hanno rilevato l'importanza che la Dichiarazione dà alla tutela delle conoscenze ancestrali e dei luoghi sacri.
Noi della Ecospirituality Foundation ci sentiamo un pochino chiamati in causa e, molto immodestamente, crediamo di aver dato un piccolo contributo a mettere l'accento su questi temi.
Nella Dichiarazione si legge tra le altre cose: "Gli Indigenous Peoples hanno il diritto di praticare e vivere le loro tradizioni e i loro costumi, di manifestare le loro culture passate, presenti e future, di essere rispettati nei loro diritti religiosi e spirituali e nelle loro proprietà intellettuali.
Hanno il diritto di mantenere e preservare i loro luoghi sacri e archeologici e di praticare i loro riti e le loro cerimonie sacre."
Principi rivoluzionari se si pensa che fino al 1970 gli aborigeni australiani non avevano neppure il diritto di cittadinanza. Proprio l'Australia, insieme alla Nuova Zelanda, al Canada e agli Stati Uniti, è stata tra i maggiori avversari della Dichiarazione. Dopotutto gli aborigeni sono dei selvaggi, e non sarà per caso se al loro arrivo in Australia gli inglesi avevano concesso il diritto di sparare agli aborigeni come ai canguri e alle altre specie selvatiche.
Non credo che basti una Dichiarazione dei Diritti a cambiare il mondo. Occorre sempre e comunque vigilare e non mollare l'attenzione. Ma anche se è solo un atto morale, la Dichiarazione dei Diritti dei Popoli Indigeni è destinata a diventare uno strumento che contribuirà inevitabilmente a cambiare la mentalità e a riscrivere la storia: le non-persone improvvisamente esistono, escono dall'invisibilità, rivelano di avere una loro identità, delle loro tradizioni, dei luoghi sacri che gli Stati d'ora in poi dovranno non solo rispettare ma anche tutelare.
Credo che oggi tutti coloro che hanno lottato anche solo in cuor loro per questa vittoria abbiano di che gioire e festeggiare. Domani si vedrà. Ma oggi brindiamo, fratelli!
Sláinte!
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11 Settembre 2007
Questo week end ha segnato un traguardo e allo stesso tempo l'inizio di un nuovo ciclo.
Abbiamo presentato a Lanzo Torinese un evento di tre giorni sul tema "Shan, in difesa di Madre Terra". La kermesse, fatta di musica e cultura, era uno dei tanti figli del nostro film Shan, la cui fertilità non finisce mai di stupirci.
Shan stimola idee, accende la luce negli occhi della gente, fa emergere desideri e identità sopite. In questo caso ha risvegliato l'esigenza della riscoperta delle proprie radici in circa un migliaio di persone che hanno frequentato gli
appuntamenti della kermesse. La risposta entusiastica alla nostra iniziativa, ben al di là delle più rosee aspettative, ha stupito non poco sia noi che tutti gli organizzatori.
Siamo approdati a questo evento al termine di un periodo intenso di ricerche nelle Valli di Lanzo e di Susa, ricerche che
ci hanno appassionato e coinvolto. Portarle all'attenzione del pubblico era un'incognita anche se indubbiamente un fattore stimolante. E il pubblico ha risposto con lo stesso calore. Tutti gli appuntamenti (il concerto, la conferenza, il documentario sui megaliti del Piemonte, la proiezione del film Shan) sono stati seguiti da un foltissimo pubblico, attento e soprattutto partecipe.
Il concerto ci ha dato grandi soddisfazioni: è sempre bello e gratificante avere un pubblico così entusiasta. Oltretutto il concerto era in favore di un rifugio per animali, e questo ci dava una carica in più. Ma, lasciatemelo dire (oltretutto, essendo già
avvenuto posso permettermi di non essere scaramantica), il successo dell'esibizione musicale era la parte più scontata. Non
era altrettanto scontato il successo degli altri appuntamenti, che erano in concomitanza con la festa del paese, la data
lanzese più seguita dell'anno. E invece centinaia di persone hanno affollato il salone comunale ATL ad ogni evento, rendendo addirittura difficile reperire posti per tutti. La loro costanza veniva premiata con il buffet celtico, ormai una tradizione nei nostri appuntamenti, elemento che rende sempre molto felici e appagati tutti gli intervenuti.
La nostra ricerca sui reperti megalitici ha entusiasmato al punto che ora siamo zeppi di appuntamenti con persone che hanno luoghi e reperti da mostrarci, che vogliono raccontarci antiche storie, usanze o aneddoti.
Abbiamo avuto la netta impressione che ci fosse bisogno solo di un piccolo stimolo perchè la gente venisse allo scoperto e avesse il coraggio di parlare di cose di cui normalmente non parla a causa di un luogo comune che fa credere che solo le persone "autorizzate" possano attuare una seria ricerca sull'argomento.
La riscoperta delle proprie radici, la storia dei nostri territori, i miti e le leggende, i megaliti, sono cose che appassionano perchè ci appartengono; tutti ne siamo coinvolti, in un modo o nell'altro. Credo che non si possa rimanere indifferenti di fronte alla possibilità di conoscere i lati meno noti della propria storia. E se scopriamo che i territori che ci ospitano non sono meno magici o meno ricchi di tradizioni di altri più celebrati e famosi, allora la ricerca diventa ancora più esaltante.
Sarà forse per questo che dopo la conferenza sulle tradizioni celtiche del Piemonte e dopo la proiezione del documentario "Rama vive" io, Giancarlo e Luca siamo stati letteralmente presi d'assalto da persone che avevano qualcosa da raccontarci.
Questa è stata la parte più bella, si è verificato proprio quello che ci auspicavamo: il pubblico si è sentito coinvolto e partecipe.
Ma questo evento, anche se gratificante, non è stato solo un traguardo: è stato in realtà l'inizio di un percorso all'interno delle Valli piemontesi. A presto il seguito: il viaggio continua.
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29 agosto 2007
Questa volta il viaggio è in una terra molto vicina a noi, eppure ci sta portando molto lontano. Non tanto nello spazio quanto nel tempo.
L'occasione è un documentario che io, Giancarlo e Luca abbiamo deciso di girare nelle valli piemontesi alla ricerca di megaliti, antiche leggende, testimonianze. Alla ricerca delle proprie radici.
Ben presto questa nuova impresa si è rivelata (come spesso mi succede) un viaggio all'interno di una realtà che non si vede ma esiste, ed è molto più spessa di quanto possa sembrare.
Ci siamo dati una scadenza: presenteremo il documentario all'interno di una tre-giorni a Lanzo Torinese sulle radici celtiche del Piemonte (il 7-8-9 settembre). Le esigenze delle riprese e i tempi tecnici ci hanno costretti ad un tour de
force che ha visto soprattutto me e Luca percorrere in lungo e in largo la Valle di Susa e le Valli di Lanzo.
Ma la fretta di terminare le riprese non ci ha impedito di respirare la magia del posto, anzi, forse è stato perfino un elemento scatenante che ha contribuito a farci immergere a capofitto in una realtà lì a portata di mano, ma che pochi forse vedono.
Stavamo giocando contro il tempo (metereologico, questa volta), come del resto è avvenuto per tutta l'estate a chiunque abbia programmato qualsiasi cosa all'aperto. Le previsioni precisissime di Giancarlo scandivano i tempi delle riprese. E questo fattore ci portava dentro un vortice: vorticavamo nelle valli all'interno di una spirale che progressivamente dilatava il tempo fino a fermarlo.
Un'antica leggenda ci guidava: la leggenda della città di Rama. Un mito di cui si parla in testi antichi e che risiede ancora nella memoria degli anziani della Valle di Susa. Se ne è parlato ancora in testi di archeologi del 1700. Poi più
nulla. Oggi gli archeologi scuotono il capo e sorridono quando ne sentono parlare, ma basta poco per scoprire che sotto le ceneri il mito cova ancora. "Via Città di Rama", "Frazione Ramat", "Officine Rama"... nomi che non hanno senso, che non vogliono dire nulla, eppure esistono in Val di Susa.
Rama, secondo il mito, era una città ciclopica che in epoche antichissime risiedeva alle pendici del Rocciamelone (Roc Mahol), un mito la cui influenza avrebbe lasciato profonde tracce nelle culture europee. Un mito profondamente legato ai megaliti.
Addentrandoci nel mito della città di Rama ci siamo trovati a vivere dentro un sogno. Improvvisamente nulla della realtà culturale attuale sembrava "reale": tutto si rivelava di carta, la cultura, le "verità" degli esperti, le cose imparate a scuola, la civiltà greca e quella romana...
Dando attenzione al mito di Rama un'altra realtà emergeva, vivida, imponente, urgente. Una realtà nascosta in attesa di essere scoperta, come la bella addormentata che aspetta il principe per essere risvegliata.
E' tutto lì, ce l'abbiamo davanti. Ma la coltre di ovvietà, di disinformazione, di dati falsi spacciati per verità, di luoghi comuni, di ignoranza, sì, profonda ignoranza dei "saccenti" che credono o fanno finta di sapere tutto, a volte ci impedisce di vedere.
Andando a riprendere i megaliti, senza alcuna verità aprioristica, armati della semplice curiosità, oltre che di telecamera e fotocamera digitale, ci siamo impressionati nel vedere una realtà che si è mostrata in tutta la sua forza. I reperti
megalitici sono ovunque in Piemonte, ce ne sono dappertutto. Basta saper guardare, come per chi cerca funghi.
I megaliti sono indizi. Testimoniano una cultura imponente, massiccia, che è stata sopraffatta e qualcuno ha fatto di tutto per cancellare. Testimoniano le nostre radici celtiche, la nostra storia.
Quando si pensa a luoghi megalitici vengono in mente la Bretagna, l'Irlanda, la Scozia... mai l'Italia. Ma sapete quanti megaliti abbiamo in Italia? Ne siamo zeppi! Non solo nel nord Italia, ma nell'intera penisola.
Eppure l'argomento viene trascurato, come fosse di poco conto. Nel Lazio addirittura i reperti megalitici vengono archiviati come reperti romani.
Nella nostra ricerca molte persone ci hanno aiutato con passione ed entusiasmo. Sindaci di paesini deliziosi ci hanno raccontato molto volentieri il loro approccio con le pietre misteriose.
Artisti del posto ci hanno raccontato come dal contatto con la natura e con questa terra particolare traggano ispirazione per le loro opere, costruendo sculture che vanno oltre gli schemi stilistici convenzionali.
Preziosi amici ci hanno fornito utili indicazioni; altre persone, incontrate "per caso", ci hanno raccontato cose di cui normalmente non parlano o ci hanno condotti in luoghi particolari.
Altri ancora invece hanno tentato di scoraggiarci, non si capisce per quale motivo. Abbiamo potuto constatare che l'argomento è spinoso per gli stessi archeologi. Non so a cosa sia dovuto questo timore, paura di esporsi? di dire cose sbagliate? Paura di trovarsi davanti ad una realtà che possa incrinare delle certezze? Credo che i ricercatori dovrebbero mettere in conto anche la possibilità di andare oltre i confini conosciuti, a costo di riscrivere la storia. Come in effetti è stato fatto tante volte, purtroppo solo per motivi di interessi di parte.
Per quanto riguarda i miti e leggende vale lo stesso discorso di cui sopra: non abbiamo nulla da invidiare a miti universalmente più noti. Il mito della città di Rama è complesso quanto il Libro delle Invasioni irlandese o il Mabinogion gallese. Eppure c'è chi sorride solo a sentirne parlare. Perchè? Qual è il motivo per cui ci privano del nostro passato, della nostra storia?
Salendo per le valli appare chiaro quello che è stato fatto all'antica cultura di questi territori. Catari, Templari, e più recentementi Occitani, Valdesi... popoli perseguitati perchè avevano una cultura e una filosofia scomoda per la religione
che si stava affermando. Popoli eredi delle antiche culture druidiche, che basavano la loro filosofia sul contatto con la natura.
Questo contatto, nelle valli si respira ancora. Le persone che si incontrano sono genuine e disponibili. Ci hanno raccontato storie e tradizioni, fatti strani e antiche usanze. Ci hanno condotto in posti segreti, i posti delle "masche", che qui nessuno considera streghe ma donne sagge.
Tutto questo può sembrare solo folklore, e invece è una intera cultura apparentemente cancellata, in realtà solo addormentata e nascosta. Gli indizi ci sono, ce n'è dappertutto, per chi sa cercare.
E le Mura di Rama sono lì da millenni, in Valle di Susa sotto gli occhi di tutti. Aspettano che qualcuno si accorga di loro e provi a dare una spiegazione. Hanno tutto il tempo del mondo, tra qualche millennio saranno ancora lì, sopravviveranno a intere generazioni di "sapienti" che racconteranno le loro verità, aspettando una umanità un po' più umile, disposta a scoprire le sue origini e la sua vera storia.
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24 agosto 2007
Siamo tornati da poco da Ginevra ed eccoci di nuovo in pieno turbinìo.
Il percorso alla ricerca del Graal è un viaggio che ci porta a conoscere posti particolari e persone speciali. Questa volta l'argomento è la ricerca di intelligenze diverse.
Marine e Jacques fanno parte dell'European UFO Survey, un ente che raduna scienziati di tutto il mondo uniti dal comune interesse per la vita intelligente nello spazio. Fanno parte dell'EUS esperti in ogni disciplina, fisici, biologi, matematici, archeologi, astronomi etc. Giancarlo ed io siamo stati invitati a farne parte come esperti in culture dei Popoli naturali.
Marine è archeologa e il nostro incontro è inevitabilmente stato anche occasione di una visita al Museo Egizio, che non avevo ancora visto rinnovato. Bella scenografia, ma i nostri ospiti hanno lamentato il gran caldo dovuto alla mancanza di climatizzazione e gli scarsi servizi igienici. Io invece ho lamentato la mancanza di Ekhnaton, il mio faraone preferito per la rivoluzione che ha tentato ai suoi tempi. Perchè lo hanno cancellato dal Museo? E' una assurdità.
Jacques è ricercatore nell'ambito della memoria dell'acqua. Quando ci parla delle sue ricerche non possiamo fare a meno di confrontare le sue scoperte con le antiche teorie druidiche: l'acqua è un elemento così scontato eppure tanto sorprendente.
Sia Jacques che Marine sono anche scrittori. Il dibattito con gli esperti dell'EUS è stimolante perchè ci troviamo di fronte a scienziati dalla mente aperta, disposti a mettersi in gioco e a mettere continuamente in discussione le certezze acquisite.
Il tema che unisce i membri dell'EUS è la possibilità di vita intelligente nello spazio e l'interrogativo sulla forma di comunicazione con essa. Del resto, se ci si considera dei ricercatori, come si può rimanere indifferenti di fronte ad una simile possibilità, anche molto concreta, vista la vastità dello spazio? Come si può non interrogarsi sulla possibile coabitazione con altri esseri di forma diversa dalla nostra?
Ma il confronto con Marine e Jacques va ben oltre questo. Se si considera la possibilità che esista altra vita intelligente, inevitabilmente il confronto porta a mettere in discussione tutto il sistema su cui si basa la nostra società. Valori,
morali, filosofie, religioni... Se esistono civiltà aliene, come si sono organizzate? Come vivranno il loro rapporto con il trascendente? Su cosa si baserà il loro sistema sociale? Se scopriamo che possono fare a meno delle religioni, se il loro
sistema sociale può fare a meno dell'unità famigliare... se scopriamo che su altri pianeti abitati non c'è né Buddha né Cristo... bel casino.
E se fosse già successo? Se i governanti del pianeta avessero già avuto modo di conoscere scenari simili, cosa avrebbero fatto? Avrebbero forse fatto tutto il possibile per nasconderci che esistono alternative allo status quo? Lo so, esistono centinaia di film, libri, teorie su questo tema. Conspiracy theories, alieno di Roswell etc. Cose strampalate per gente strampalata. Oppure scomode verità?
A proposito di altra intelligenza, le mie micie si sono mostrate molto interessate agli argomenti affrontati con Marine e Jacques. Sono rimasta di sasso quando le ho viste andare loro incontro come se incontrassero dei vecchi amici, comportamento del tutto anomalo per Michelle e Maya, sempre molto schizzinose con gli estranei. Dopodichè le micie hanno partecipato a tutti i nostri incontri, facendoci capire che questi ospiti (e le tematiche che portavano) erano loro particolarmente graditi.
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Ginevra, 11 Agosto 2007
Il nostro impegno per la difesa dei Popoli naturali ci porta a viaggiare in posti particolari che si lasciano
scoprire poco a poco. I nostri viaggi diventano così anche viaggi-studio che ho piacere di fissare sulla carta (o meglio: digitalizzare) e di condividere con voi, cari lettori del mio blog.
Ginevra ogni volta mi rivela qualcuna delle sue tante facce nascoste.
Terra laica di rifugiati politici e religiosi. Il filosofo Jean-Jacques Rousseau ipotizzava Ginevra come una confederazione di popoli garante di una pace perpetua. All’indomani della prima guerra mondiale proprio a Ginevra è stata fondata la Société des Nations, l’attuale ONU.
L’idea dei fondatori era di farne una 'città mondiale per gli affari temporali' in risposta alla 'città mondiale per gli affari spirituali' come il Papato definiva il Vaticano.
La sede era Palais Wilson, dove ora ha sede la Commissione per i Diritti Umani dell’ONU. Ben presto Palais Wilson si è rivelato troppo piccolo per un organismo che conta 155 missioni permanenti e 15.000 funzionari stranieri, ed è stato edificato l’attuale Palais des Nations all’interno del Parco Ariana.
Ginevra è anche la sede del CERN, centro di ricerca fondato nel 1954. Il più grande laboratorio mondiale sulla fisica delle particelle con 6.500 fisici provenienti da 80 nazioni.
Secondo il fantomatico John Titor, il personaggio che afferma di essere un viaggiatore del tempo, il CERN ha creato il buco nero che servirà nel futuro per costruire la macchina del tempo con cui Titor verrebbe periodicamente a visitarci.
Ginevra è considerata una città ospitale: come potrebbe essere altrimenti, visto che il 44% dei suoi residenti sono stranieri e che vanta più di 180 nazionalità differenti?
Ginevra è anche nota per la sua laicità. E’ patria di famosi rifugiati religiosi come Calvino, che aveva l’ambizione di fare di Ginevra una città protestante. Ma già prima dell’asilo dato a Calvino, nel 1535 la città ha adottato la famosa massima 'Post tenebras lux' (dopo le tenebre, la luce), dove per 'tenebre' si intendeva il Papato.
Le origini di Ginevra sono indubbiamente celtiche: l'antica città sorgeva intorno a un tumulus ed era un insediamento celtico risalente a 6.000 anni fa. Il nome arcaico, Genava, significava in gaelico 'la fonte sacra'.
Il termine compare nella storia per la prima volta negli scritti di Giulio Cesare. Queste antiche radici celtiche sono state ufficializzate nel 1535 con la scelta definitiva del nome 'Ginevra' dal Consiglio dei Duecento.
Secondo Giulio Cesare in questa città si celebrava il culto della Dea Madre, ovvero la Natura. Successivamente si è celebrato il culto di Mitra, in una successione non conflittuale che ha lasciato tracce di entrambi i culti.
Oggi si può vedere la stratificazione degli eventi storici, i vari passaggi e le colonizzazioni, tutto quanto concentrato in un punto ben preciso della città vecchia: la collina dove sorge la cattedrale di Saint-Pierre. Quale posto strategicamente più adatto poteva scegliere il clero per mettere la sua bandierina dopo aver soppiantato le culture precedenti?
Sotto la cattedrale vi sono anche i resti di un mitreo, il tempio del culto precristiano dedicato al dio Mitra. L’altare è del secondo secolo d.C. Mitra, culto solare, rappresenta il Sol Invicto, la luce che vince le tenebre. Come nel motto di Ginevra, 'post tenebras lux'.
I resti dell’antica città celtica mescolati a rovine romane e all’altare dedicato a Mitra si possono ancora vedere nelle visite guidate sotto la cattedrale di Saint-Pierre. La collina, definita 'la città alta', dove è stata piazzata la cattedrale, è la parte più antica e più sacra di Ginevra. Tutta la città si è estesa intorno a questa collina, che anticamente era un tumulus.
Di fronte alla 'città alta', oltre la sponda del fiume Rhone, sorge un’altra collina più bassa, l’altro luogo sacro di Ginevra chiamato 'città bassa': la place Saint-Gervais. Qui secondo le testimonianze romane sorgeva un tempio megalitico con allineamenti di menhir. Oggi in questa piazza c’è una fontana che ricorda quelle bretoni, molto cara ai ginevrini.
I menhir della città bassa erano una sorta di guardiani della città alta. Nel punto più alto di questa collina, manco a dirlo, ora c’è una chiesa: la basilica protestante di Saint-Gervais. La basilica sorge sopra un antico tempio templare. Secondo alcuni autori i Templari qui godevano della massima immunità e autonomia anche dopo le persecuzioni. Il luogo è stato un punto d’incontro per gli alchimisti dell’alto medioevo e ancora oggi secondo leggende metropolitane nella basilica si praticano culti pagani. In effetti all’interno della chiesa si possono vedere molte raffigurazioni alchemiche e templari. La stessa dedica a Saint-Gervais è da alcuni interpretata come una precisa indicazione: infatti Saint-Gervais pare che fosse un druido.
Ginevra è una città particolare. Nata come città-stato, precedente all’instaurazione della confederazione elvetica, si può dire che sia il cuore della Svizzera e che ne conservi i segreti.
La stessa Svizzera è di per sé un mistero, è un mistero come riesca a mantenersi neutrale in tutte le epoche storiche, è un enigma come sia riuscita a passare indenne attraverso i momenti bui delle guerre mondiali, come riesca a passare sempre inosservata e anonima. Se vi chiedo il nome del presidente della Svizzera, in quanti sapete rispondermi? E’ emblematico.
In Svizzera si respira l’aria di qualcosa di celato e inafferrabile. Antiche tradizioni che convivono con un modernismo sfrenato, usanze semplici e paesane accanto a fiumi di denaro che paiono sgorgare ovunque.
E’ anche facile imbattersi in musicisti d’eccezione che suonano musica classica per strada, da rimanere letteralmente incantati.
La famosa Fète de Gèneve, celebrata ogni anno in questo periodo, viene propagandata e strombazzata già mesi prima, con servizi su TV e giornali nazionali. Praticamente non si parla d’altro e l’intera città si ferma per la festa. Ma in che cosa consiste? In una serata di fuochi d’artificio, peraltro davvero spettacolari, in una parata d’auto d’epoca e in una corsa di baristi con il vassoio in mano: vince chi lo porta per primo indenne al traguardo.
Festeggiamenti di questo tipo da noi non si fanno più nemmeno in un paesino dell’entroterra: se non c’è la star internazionale, se non ci sono budget milionari non si fa niente.
Eppure convergono a migliaia, da ogni paese, per la festa. Si riversano lungo le sponde del lago Lemano, e mentre tutte le luci vengono spente per rendere più suggestivi i fuochi d’artificio, c’è il piacere di stare insieme e di urlare di stupore ad ogni botto. Del resto, anche questo è un modo di celebrare l’antica festa celtica del fuoco, Lugnasad.
L’atmosfera è gioiosa, rilassata e a suo modo, pur se caotica, ordinata. Ricorda molto le feste celtiche a cui abbiamo partecipato in Bretagna.
La Svizzera è un enorme paesone, e Ginevra ne è il cuore pulsante. Può capitare, la sera, di imbattersi in un nugolo di ragazze che ti fanno baciare 'a forza' una fanciulla, che tu sia maschio o femmina, perché il giorno dopo convola a nozze, e in cambio ti regalano una caramella. Usanze antiche, pagane.
Usanze che ti fanno capire che l’effetto 'paesone' è solo un’apparenza che viene mostata agli estrani, e che c’è qualcosa che pulsa sotto la 'normalità' e la riservatezza dei nativi del posto.
Del resto, la leggenda dell’Homo Selvaticus è molto chiara: nelle montagne alpine si cela un segreto, si nasconde una stirpe di uomini e donne che conservano una antica tradizione con conoscenze avanzatissime. Il legame di questa leggenda con le leggende della Valle d’Aosta e delle Valli piemontesi è fortissimo. In Valle d’Aosta esiste la leggenda di Tzan, colui che conosceva la formula per ottenere il formaggio perché l’aveva ottenuta da un vecchio sulla luna. Un modo tutto locale per parafrasare il processo alchemico.
Oggi l’identità dei residenti di Ginevra non è facilmente identificabile. Apparentemente non c’è traccia di celtismo, ma se si guarda un po’ oltre l’ovvietà si possono avere molte sorprese. L’attaccamento alla terra e alle tradizioni è palpabile. L’orgoglio nazionale anche. La festa della confederazione elvetica dura tre giorni, e cade nello stesso periodo della festa di Ginevra.
Le molte anime di Ginevra convivono ordinatamente, in un clima di libertà laica che rispetta tutte le ideologia ma che implica l’adeguamento alle norme sociali.
I templi massonici e quelli templari sono imponenti e evidenti, quasi si notano più delle chiese cristiane. E’
facile imbattersi in antiche raffigurazioni pagane: il dio Mercurio, la sirena celtica Melusina, il dio Nettuno, il dio assiro-babilonese a forma di pesce Oanneas. C’è parecchio fastidio nei confronti del cattolicesimo, del resto
questa è la patria dei protestanti. Sui giornali locali, anche quelli di solito dedicati al gossip, quasi ogni numero reca un riferimento alle stragi compiute dal Papato nei confronti dei 'riformisti', i protestanti. Rivela fatti del passato che non sono stati metabolizzati e che non devono essere dimenticati.
Nei nostri incontri con i Nativi del posto e nei confronti sviluppati con loro abbiamo potuto constatare una volta di più che dove non imperversano le grandi religioni è possibile vivere in maniera armonica, laica, civile, rispettandosi e rispettando, in maniera ordinata e allo stesso tempo libera, uno stesso territorio dove c’è spazio per tutti.
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Ginevra, 9 Agosto 2007
I nostri incontri all’ONU di Ginevra sono sempre forieri di novità e prospettive importanti.
Quest’anno, a differenza degli anni scorsi, non siamo qui a Ginevra per il Working Group on Indigenous Populations ma per una serie di incontri volti nella medesima direzione: perlustrare ogni via possibile per sostenere gli Indigenous People nella difesa delle loro tradizioni, dei loro luoghi sacri, della loro identità spirituale.
E’ un impegno che io e Giancarlo ci siamo assunti già da tempo, supportati a nostra volta dall’incondizionata fiducia che le comunità native ci accordano. Gli Apache, gli aborigeni australiani Wamba Wamba, i Bassa del Camerun, i bretoni di Carnac, i Taìno dei Carabi ci hanno eletti a rappresentanti delle loro lotte. Noi da parte nostra cerchiamo di fare qualsiasi cosa possa servire alla loro causa.
Il Working Group on Indigenous Populations quest’anno salta. E’ la diretta conseguenza dell’attacco che è stato fatto ai danni di chi portava avanti la proposta di una Carta dei Diritti fondamentali dei Popoli indigeni. Ce lo si aspettava e per quest’anno va così: l’assemblea più importante e più vasta dell’ONU, costituita dai rappresentanti indigeni di tutte le Tribù del mondo, stava diventando inquietante per quei governi e quelle ideologie che hanno sempre cercato di ostacolare il processo di eliminazione dell’emarginazione dei nativi.
Ma è solo una battuta d’arresto. Negli ambienti dell’ONU si sta già parlando di riaprire il Working Group fino a quando la famosa Dichiarazione non venga approvata.
Non credo che questa sospensione sia completamente negativa, anzi, potrebbe trasformarsi addirittura in un valore aggiunto per gli Indigenous Peoples: la mancata approvazione della Declaration, e la chiusura momentanea del Working Group hanno avuto l’effetto di far insorgere molti, tra i rappresentanti dei governi e tra gli stessi nativi, che fino ad ora si erano mostrati tiepidi e possibilisti.
Il blocco della Dichiarazione, arrivato dopo anni di lavoro e quando ormai tutti davano per scontata la sua approvazione, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: anche i più tiepidi hanno compreso che i Nativi non devono avere diritti, non devono esistere.
Ora c’è un grande fermento a tutti gli effetti positivo. C’è più chiarezza e determinazione.
Da parte nostra, siamo qui a Ginevra per mantenere gli impegni presi, attraverso una serie di incontri che da tempo erano in stand-by: durante le sessioni del Working Group il tempo per gli incontri era sempre limitatissimo.
Le Nazioni Unite tuttavia non conoscono ferie né tregua: gli incontri si avvicendano continuamente, attualmente presso la sede del Consiglio per i Diritti umani è in corso la 71esima sessione della Commissione per l’eliminazione della discriminazione razziale. Le Commissioni portano avanti le loro missioni a volte anche in maniera lenta e apparentemente retorica. Ma il sistema delle Nazioni Unite è basato sulla partecipazione democratica e sull’apporto di tutti i membri. Questo inevitabilmente porta a sessioni a volte lunghissime.
In quanto delegati della Ecospirituality Foundation, io e Giancarlo stiamo attivando una serie di contatti per unire le forze alla difesa dei luoghi sacri di cui ci occupiamo.
Tra gli altri, è interessante il rapporto attivato con l’Unesco che offre ottime prospettive per la difesa dei luoghi sacri.
La responsabile dell’Unesco di Ginevra ha mostrato molto interesse per il nostro lavoro e ci ha chiesto di fare una relazione in qualità di esperti ad un team di studenti e collaboratori sui casi che sosteniamo, per accrescere la loro conoscenza sulle tematiche portate avanti dall’ONU.
Nell'esporre la nostra relazione nella sala riunioni dell'Unesco ci siamo resi conto una
volta di più di quanto interesse ci sia sul tema della difesa dei luoghi sacri e della spiritualità e di quanto ci sia da fare per la Ecospirituality Foundation, organizzazione forse unica nel suo genere.
Anche il nostro film ha avuto una parte importante nei colloqui: il film Shan, che ha assorbito le nostre energie degli ultimi mesi, ci ha accompagnato anche qui a Ginevra e ora una copia dimora nelle case e negli uffici dei funzionari dell’ONU e dell’UNESCO.
Siamo in trattativa per presentarlo sia all’ONU di Ginevra che all’UNESCO di Parigi, nell’ambito di un evento internazionale.
Stiamo inoltre avviando una collaborazione con una organizzazione indigena del Benin che lavora per la Pace. I loro rappresentanti all’ONU sono rimasti favorevolmente colpiti dai principi adottati dalla nostra organizzazione e ci hanno proposto di diventare rappresentanti della Ecospirituality
Foundation nel loro Paese per diffondere il concetto di ecospiritualità. Hanno concordato con noi che accanto alle tematiche sociali è essenziale che ci sia anche una tutela delle proprie radici, e l’ecospiritualità può servire proprio a questo.
Da parte nostra, abbiamo proposto loro di entrare a far parte del Collegio Tradizionale della EF, proposta che hanno accettato subito con entusiasmo.
Venendo sul posto abbiamo anche potuto appurare quanto il libro I Popoli Naturali e l’Ecospiritualità e i cd del LabGraal abbiano successo presso la libreria dell’ONU: le richieste hanno superato le nostre aspettative e sono addirittura raddoppiate rispetto all’anno scorso.
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3 Agosto 2007
Tra le esperienze strane della mia vita, l'incontro di meditazione collettiva dell'altra sera è senz'altro da annoverare.
Il primo incontro di meditazione organizzato a Shan Land è stato a dir poco strano, e quello che ha dell'incredibile, a detta dei partecipanti estremamente suggestivo e toccante.
E del resto, perché stupirsi? Eravamo seduti nel cuore di un imponente cerchio megalitico, al tramonto, davanti al mare dell'oceano, attorno ad un fuoco acceso che faceva sentire il suo crepitìo, guidati dalla musica del flauto di Giancarlo. Gli elementi c'erano tutti.
Tranne che i partecipanti non erano fisicamente insieme, ma ognuno partecipava da casa sua, alcuni anche molto lontani tra di loro.
E' avvenuto su Second Life, a Shan Land.
A questo punto qualcuno griderà allo scandalo: ma come, non solo ci si incontra virtualmente per conoscersi, chiacchierare,
fare affari, fare conquiste, costruire case fatte di "prim", ma ora si fa anche la meditazione virtuale.
Ebbene sì. Ed è stato bellissimo. Molto magico. Sono certa che per tutti i presenti la meditazione non è stata virtuale ma reale, e se SL ce lo ha consentito, ben venga SL.
Già il fatto di esserci dati appuntamento per organizzare una meditazione a Shan Land ci ha calati in uno stato d'animo particolare, fuori dall'ovvietà. Poi, quando ci siamo messi in cerchio ed abbiamo attivato la musica, si è creato un effetto
"campana" che ha unito tutti i convenuti. Non c'era più lo schermo del computer, era come se avessimo oltrepassato una soglia e ci fossimo dati appuntamento in un posto incredibile.
Dopo, confrontandoci, abbiamo appurato che per tutti era stato così: un momento fuori dall'ordinario.
E quello che ci aveva lasciato era un senso di libertà e di euforia, tanto che ci siamo teletrasportati su LabGraal Land per finire la serata tra musica e danze.
Quello che è successo l'altra sera mi conferma una volta di più che non è importante lo strumento che usi ma come lo usi:
all'interno del sogno in cui ci siamo trovati ad essere imprigionati si possono trovare delle porte, a volte casualmente a
volte intenzionalmente. Le porte che permettono di uscire dal sogno per entrare nella dimensione del "reale" possono essere di tantissimi tipi.
I ricercatori di ogni tempo hanno inseguito il mito del Graal, gli aborigeni australiani hanno conservato l'esperienza del Dreamtime, i Nativi europei hanno custodito il segreto dello Shan. Anticamente i viandanti cercavano la "porta di luce" alla base dell'arcobaleno. Il comune denominatore è sempre lo stesso: la ricerca di quella magica porta che conduce alla realtà vera.
Quando questa ricerca è genuina qualsiasi strumento può andare bene. Anche Second Life.
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