10 - Franco Nervo

da "Tempo Spettinato" - Ed. Montedit

N° 10

"...e altri cento dollari!"
Luke inarcò le sopracciglia, poi disse: "Perchè no?" e spinse la torre di fiches sul piatto. "Più altri duecento", annunciò pigramente.
L'avversario, l'unico rimasto in gioco, accettò con veemenza. "Andata!" esclamò e scoprì le sue carte: tre fanti.
Luke strinse le labbra, come sorpreso dal gioco dell'avversario; poi lentamente, strofinandole sul panno verde, una dopo l'altra, scoprì tre donne. Fece una ironica smorfia di scusa e allungò le mani sul mucchio di gettoni.
L'altrò imprecò e digrignò i denti ed esclamò: "Sei proprio fortunato oggi, eh? Forse sei "troppo" fortunato! Dì, da dove le hai prese tutte quelle donne?"
Luke smise di raccogliere la vincita. Si arrovesciò sullo schienale della sedia. La redingote nera gli si aprì quel tanto da mostrare il calcio d'avorio della piccola Derringer infilata nella cintura, proprio sulla pancia, "dove poteva sempre sentirla", come amava dire lui. E sorrise. Un lento sogghigno, mentre con voce dolcissima chiedeva: "Prego? Puoi ripetere?" L'avversario vide quel sorriso e subito ricordò la strofetta che circolava in città: "Whenever Lukas smiled, Lukas fired" e si accorse che forse si era spinto troppo in là. "No - disse con voce che voleva pietosamente sembrare ferma e tenendo le mani in avanti - non volevo dire... cioè volevo dire che... la fortuna è proprio dalla tua... e certo che hai sempre tante donne per le mani, eh? Ah, ah, ah" rise, poco convinto.
Luke lo guardò da sotto in sù, poi intascò la sua vincita. "Un altro giro, signori? Le carte a Joe."

Johnny Rogers rimise delicatamente la doppietta sotto il bancone. Non dubitava che la fama di Luke avrebbe costretto al silenzio quell'imbecille, ma non si poteva mai dire. In fondo l'accusa di barare era stata abbastanza esplicita e John conosceva bene il caratterino pepato dell'amico e la sua predisposizione a risolvere le divergenze mettendo mano all'artiglieria. Insinuare che stesse barando, poi! Luke non ne aveva bisogno, essendogli sufficiente la sua abilità e il suo intuito psicologico. E poichè il pomeriggio era appena all'inizio e i minatori stavano pian piano affollando il locale per sfuggire con qualche bevuta al caldo sole di agosto, probabilmente aveva deciso che gli interessava di più spennare i suoi polli che tirargli il collo.
Con la coda dell'occhio John vide avvicinarsi Mary e dentro di sè sospirò: "Ci risiamo!" Poi accolse la ragazza con un: "Ehilà Mary: come butta?" e le allungò un bicchierino. Mary lo vuotò d'un fiato e poi ci guardò dentro come a cercarci la soluzione dei suoi problemi. Anzi, del suo problema.
"Hai visto, Johnny? Quel figlio di cagna era lì lì per sparargli! E l'ha accusato di barare! Johnny, pensa se l'avesse ferito, ucciso magari! Sì, Luke è svelto - aggiunse quasi a malincuore - ma si ostina a usare quella pistola da bambini, due colpi e stop! Lo so, lo so che un giorno lo perderò, che un giorno stringerò i suoi rossi capelli contro il mio seno e dovrò dirgli addio per sempre!"
Johnny assentiva compreso e partecipe, ma dentro di sè pensava: povera Mary! Si perde solo ciò che si è posseduto...

"Ed ecco a voi, reduce dai grandiosi successi riscossi a San Francisco... New York... Parigi... Londra... Tucson e Abilene, la più bella voce d'America, le più lunghe gambe che abbiano mai preso a calci un mulo, la ragazza dei vostri sogni, la dolcissima Rosa di Scozia... Natty Rose!!!!"
Un ruggito di gioia e una dozzina di cappelli si alzarono dalla platea a questo annuncio. "Ehi Rose, cantaci The Yellow Rose of Texas!"
"No Rose, cantaci Go Lassie Go!"
"Ehi Rose, tirala più sù quella gonna!"
Uno spettatore s'inerpicò sul palco brandendo una bottiglia e s'inchinò goffamente davanti alla bruna bellezza: "Signora, vi invito a bere con me alla salute dell'illustrissimo Presidente Ulysses Simpson Grant!", poi tracannò un sorso a canna e con un bel sorriso porse la bottiglia alla fanciulla. Rose la prese, l'alzò come per brindare e poi la fracassò sulla testa dell'importuno che rotolò giù dal palco e si abbattè sui tavoli della prima fila fra le grida di approvazione del pubblico.
"Ben fatto, Rose! - gridò un giovanotto con un paio di folti basettoni e un feltro grigio in testa - Noi brindiamo solo al generale Lee, non è vero?"
Johnny fece un cenno a un paio dei suoi uomini: "Bob, dì a quel gentiluomo del Sud di calmarsi, chè la guerra è finita da oltre dieci anni e non voglio grane qui al N° 10. E tu raccatta quell'idiota e di a Doc di dargli un'occhiata. Ho visto Rose come ha ruotato il braccio e credo che gli troverà dei cocci fin fra i denti!"
Natty Rose fece un cenno al pianista: "Vai, Andy. Lassie" e le melanconiche note della ballata si levarono nel fumo del saloon, fondendosi con la purissima voce di lei.

Il dottor Charles Goldbeard, "Doc" per gli amici, alzò il capo dal quaderno su cui stava scrivendo, un po' contrariato di esser stato interrotto. Ma i patti erano patti e in cambio di vitto, alloggio e qualche spicciolo gli toccava passare gran parte delle giornate in quel maledetto, puzzolente, rumoroso saloon, tenendosi a disposizione per le tutt'altro che rare evenienze. D'altra parte era una soluzione vantaggiosa per un medico che aveva smesso di considerarsi tale e non esercitava più da tempo. Era stato Gettysburg a trasformarlo. Si era trovato in mezzo a quella carneficina, aveva lavorato in quell'ospedale da campo, tagliando e cucendo e segando braccia e gambe, senza più anestetico, senza disinfettanti, senza niente fuorchè la nausea che saliva, la nausea per il sangue, per l'odore della cordite, per il tuono del cannone e il crepitare dei fucili, la nausea, soprattutto, per la guerra, per i generali, per il Nord e per il Sud e per il genere umano, vergognandosi di farne parte. Dopo, non era stato più lo stesso. Aveva vagato per un po' all'Ovest, tenendosi lontano dalle città e dai villaggi. Aveva conosciuto un vecchio uomo-medicina navajo che l'aveva accolto in amicizia e per la prima volta dopo tanto tempo aveva riprovato interesse e curiosità per la loro comune professione. E aveva scoperto di come si poteva curare aiutandosi con la natura, utilizzando erbe e terre e essenze e come anche le litanie, i canti e i rituali potevano essere importanti per aiutare lo spirito del malato, per metterlo in grado di recuperare ogni stilla di energia.
Da allora aveva cercato e approfittato di ogni incontro e di ogni insegnamento dei pellerossa. Ma la vita non era facile per gli amici degli indiani e in molte città di frontiera era guardato storto, quando non lo accusavano apertamente di essere un traditore della razza bianca. Così, quando era capitato in Dakota, nel neonato villaggio di Deadwood, aveva accettato la proposta di Johnny, che non ficcava il naso nelle sue amicizie e che gli lasciava abbastanza tempo libero per i suoi studi. Certo che, tornando dalle lunghe cavalcate nel silenzio della prateria, quello che lo ossessionava di più era il fracasso, il rumore del saloon. By God, come anelava al Silenzio, come lo invocava, quanto gli mancava!

"Hallo, Lukas O'Collar. Quanti ne hai fregati oggi, maledetto irlandese?".
Luke alzò la testa. "Hallo Wild Bill; quanti ne hai stesi oggi, spia nordista? - rimbeccò e aggiunse - Ti fai una mano con noi?"
Hickok soppesò la proposta. "D'accordo, ma devi cedermi il tuo posto. Lo sai che non mi piace avere la porta alle spalle."
Luke scosse la testa: "Mi spiace Bill, ma questo posto mi sta portando bene. Andiamo - esclamò vedendo il lungo viso dell'altro scurirsi - sei al Number Ten, sei fra amici! Cosa vuoi che ti succeda? Al massimo ti può capitare di uscire di qui con qualche verdone in meno, no? E dài!"
Wild Bill Hickok, scosse il capo, ma si sedette nella sedia vuota. Luke fece un cenno al barista di portare da bere e alzò le carte. Il gioco riprese.

Fu un attimo, un attimo di troppo.
Luke aveva notato quell’ometto entrare e guardare il loro tavolo e mettersi alle spalle di Wild Bill, ma aveva preso tre carte e le stava lentamente "scricchiolando"...
Johnny stava ascoltando distrattamente Mary ma fra sè pensava che doveva cambiare il fornitore del whisky perchè la qualità stava costantemente peggiorando e in compenso il prezzo aumentava... quando lo vide e annaspò con la mano alla ricerca della doppietta...
Andrew lo scorse proprio al di sopra del suo pianoforte. Tutto quello che riuscì a fare fu pestare con forza le dita sull'accordo che risuonò cupo...
Rose sobbalzò a quel suono metallico e per poco la voce non le si incrinò. Ma era girata verso il bar e non lo vide.
Doc era immerso nei suoi pensieri, cercando di estraniarsi dal bailamme della musica, delle risa, delle chiacchiere, delle contrattazioni dei minatori, dei commenti su quanto era appena accaduto a Custer, delle imprecazioni dei giocatori, quando improvvisamente tutto sparì e rimase solo un agghiacciante Silenzio: un silenzio di morte. Alzò il capo e in un attimo percepì "con gli occhi" che il rumore in realtà continuava, ma l'unico suono che lui sentiva era il fruscio della pistola che usciva dal fodero, il clic del cane che si armava... e vide il gesto rapidissimo di Luke che estraeva la sua Derringer... e vide Johnny che sollevava la sua doppietta... ma intanto il grilletto aveva liberato il meccanismo e il percussore era piombato sulla cartuccia e il colpo era partito e la pallottola era affondata nella nuca di Wild Bill Hickok.
Un istante dopo lo sparo Luke e John erano piombati addosso all'assassino e l'avevano disarmato e immobilizzato, affidandolo a Bob. Doc si era precipitato su Wild Bill, ma capì subito che non c'era più niente da fare e scosse il capo mentre cercava in qualche modo di tamponare la ferita.
Luke si accostò al moribondo che li guardava con aria stupita.
"Chi diavolo era?" mormorò. Gli astanti borbottarono qualcosa fra loro. Luke riferì: "Si chiama Mc Call. Jack Mc Call". Hickok fece una smorfia: "Mai conosciuto - disse. Poi sorrise stentatamente. In mano stringeva ancora le carte, due assi e due otto tutti neri e uno stupito fante di quadri - Hey Luke. Stavolta ti avevo beccato a bluffare, vero, maledetto irlandese? Non avevi niente in mano, è così?"
Luke sbirciò le proprie carte finite per terra, tre dieci sparpagliati fra le sedie, guardò la leggenda del West morente accanto a lui e rispose:
"Già. Hai ragione Bill. Questa volta mi avevi proprio fregato."

* * *

Citazioni e spunti da: “L’occhio caldo del cielo”, “Una pistola per Ringo”, “Sfida all’OK Corral”, “Via col vento”, “Un uomo chiamato cavallo”, “Silverado”, “Piccolo Grande Uomo”, “L’amante indiana”, “Per qualche dollaro in più”, “La magnifica preda”, “Il cavaliere della valle solitaria”.

Bibliografia: “L’epopea del West”, “La conquista del West”, “Il West”, “Wild Bill Hickok, l’onesto assassino”, “L’altra America canta”.