da "Tempo Spettinato" - Ed. Montedit
Tradimento
"Per la Croce! La loro impudenza non ha dunque limiti? Dovremmo piegare il capo e la corona al volere di questa plebaglia, di questi rivoltosi, di questi traditori?"
Lord Fitzurse tentò di calmare il suo furibondo sovrano.
"Avete ragione maestà, ma non possiamo nasconderci che il momento è assai difficile. La cattiva sorte che piegò le nostre armate a Bouvines ha oltremodo rinforzato la posizione del re di Francia e prosciugato le risorse dell'imperatore Ottone che non è in grado, ora come ora, di fornirci un tempestivo aiuto. E' pur vero che potete sempre contare sull'appoggio e sull'amicizia del Santo Padre, ma purtroppo il tempo stringe e urge trovare una via d'uscita da questa incresciosa situazione."
Il lord consigliere fece una pausa. Poi proseguì con accento incoraggiante:
"Ascoltatemi sire: forse ho trovato una soluzione."
Il re ribattè aspro:
"Ebbene, signore, vi ascolto. E' vostro compito aiutarci e suggerirci convenientemente."
Fitzurse si accostò alla mappa allargata sull'ampio tavolo di quercia e ne indicò un punto preciso.
"Qui è il castello di Duncroft, chiave e catenaccio del Tamigi, che domina e governa su entrambe le sponde. Noi non possiamo tornare a Londra e ricongiungerci con Malvoisin e il grosso delle vostre truppe perchè Duncroft ci sbarra la strada. E' vero che Lord Francis non si è mai apertamente dichiarato contro di voi, ma in questo delicato momento è altrettanto chiaro che non sfiderebbe gli altri nobili permettendovi il passaggio."
"Duncroft è un ipocrita e un vassallo sleale! - sbottò il sovrano - La sua arroganza e il suo rifiutare di schierarsi al nostro fianco è di per sè un insulto! Non dubito che sia pronto ad appoggiare i miei nemici, anche se apertamente professa devozione e rispetto per la corona." Il consigliere annuì: "Per l'appunto, sire. Concordo che è da considerare un potenziale nemico e che è intenzionato a bloccarci la strada per Londra. Ma anche rimanere qui è pericoloso, poichè da Cooper sta arrivando Langston con forze soverchianti e finiremmo per trovarci schiacciati fra due fuochi. Ora, un gruppo di vostri fedeli sostenitori mi ha suggerito il modo per forzare il blocco e sfuggire alla morsa dei ribelli."
"Per la Messa! E chi sono costoro?" esclamò il sovrano.
"Si tratta di un feudatario scozzese, Sir Andrew McLesmon e del suo seguito. Pare che abbia un vecchio conto aperto con Lord Francis ed è disposto ad aiutarci. Beninteso, soprattutto per far trionfare la causa di vostra Maestà e godere del vostro favore e della vostra riconoscenza" si affrettò ad aggiungere. "Se permettete vorrei che li ascoltaste direttamente."
Avuto il cenno affermativo del sovrano, Fitzurse fece entrare cinque persone che si inchinarono rispettosamente.
Al primo sguardo colpivano i loro abiti tutti di colore nero, sia pure impreziositi da fibbie e lacci e ricami più o meno ricchi secondo il rango di ciascuno.
Il nobile avanti a tutti aveva un aspetto fiero e orgoglioso, sottolineato dalla bocca serrata e dalla forte mascella. Portava al fianco una sottile spada con un particolare pomo sagomato a testa di cinghiale.
La donna accanto a lui, alta e avvenente, un viso intenso e gli occhi socchiusi, era, se possibile, ancor più altera nel portamento. Vestiva una lunga tunica impreziosita da merletti viola, unica eccezione al nero dominante nel gruppo. I capelli corvini erano raccolti in una reticella d'argento e portava un unico anello, una fascia d'oro incisa a bassorilievo, all'indice della mano sinistra.
Il giovane al suo fianco era l'unico che si permetteva un sorriso; un sorriso sbieco tuttavia, acre e sardonico che rendeva più inquietante il volto incorniciato da una rossa barba e da capelli altrettanto fiammeggianti. Appoggiava la mano sull'impugnatura di una larga spada a due fili, con il guardamano rivestito all'interno di velluto, rigorosamente nero anch'esso.
Il cavaliere alle sue spalle troneggiava alto e maestoso su tutti, appoggiato ad una grande claymore, lo spadone a due mani dei montanari scozzesi. Sul busto portava una cotta d'acciaio che gli lasciava scoperte le braccia. L'ampio viso sereno era incorniciato da una lunga barba dorata.
L'ultimo, infine, anch'egli di notevole corporatura, lo sguardo fisso a un punto lontano, era piantato a gambe larghe e con le mani infilate nel pesante cinturone che reggeva due corte daghe, una per parte.
Fitzurse presentò i nuovi arrivati: "Questi è Sir McLesmon e la dama è sua sorella, Lady Rose. Questi è il loro cugino, il signore di Sinkrell. I cavalieri Beagold e Graver al loro seguito. Prego signori, esponete a Sua Maestà il vostro piano."
"... così, come vedete, Duncroft è una implacabile sentinella, - stava dicendo Sir Andrew con il suo forte accento scozzese - un insonne drago che domina il Tamigi e le sue sponde. La bocca e i denti qui, su questo lato e la coda, cioè la torre armata, sull'altro lato.
Nessuno può passare sul fiume senza il loro benestare, poichè le due fortezze si scambiano segnali con bandiere di giorno e con torce o corni di notte."
"L'unica opportunità per passare senza subire un rovinoso attacco, quindi - interloquì il rosso Sinkrell - è fare in modo che dal castello si segnali via libera. Ma non è semplice, poichè la consegna è rigorosa: solo in presenza di Lord Francis o di un ordine scritto e firmato, la guardia dà il lasciapassare."
"Ecco quindi la nostra proposta, sire - continuò con voce grave il possente Beagold - Sir Andrew e tutti noi ci recheremo a Duncroft per parlare con Lord Francis. Egli ci riceverà poichè da anni ormai la nostra sola esistenza è una spina nel suo fianco e sa che fino a quando non verrà risolta la nostra questione e soddisfatte le nostre ragioni, i suoi possedimenti nelle Highlands (e la sua vita stessa) sono in pericolo. Starà a noi distrarre Lord Francis e falsificare un ordine di libero passaggio con il suo sigillo. Voi starete pronto su una barca con il vostro seguito e attenderete il nostro segnale."
"Accosterete all'argine della fortezza, ci farete salire e ci allontaneremo scendendo il fiume prima che si accorgano di qualcosa" concluse il laconico Graver.
Il re girava lo sguardo dall'uno all'altro dei presenti.
"E' un piano rischioso e appeso ad un filo. Ma come pensate di impadronirvi del sigillo di Duncroft e vincere la sua attenzione?"
"A questo penserò io: chiederò un colloquio riservato a Lord Francis e vedrete che lui non ricuserà di vedermi." rispose Lady Rose con un mezzo sorriso e un tono che non ammetteva repliche o discussioni.
Il sovrano si alzò: "Bene signori. Vi siamo profondamente grati per la vostra devozione. Ora lasciateci riflettere e poi vi informeremo delle nostre decisioni."
I cinque scozzesi s'inchinarono e uscirono.
"E' assurdo, Waldemar! Se qualcosa andasse storto finiremmo dritti in mano a Duncroft! Ma, soprattutto, chi ci assicura che questi gentiluomini siano chi dicono di essere e che si comporteranno lealmente?"
L'anziano consigliere si permise un sorriso:
"Confido, in quanto a prudenza e avvedutezza, di non avere mai deluso Vostra Maestà. Che McLesmon sia davvero un avversario di Lord Francis me l'ha confermato un gentiluomo del vostro seguito, Sir David Bolt che mi ha raccontato tutta la storia. Per essere sicuro della sua identità, l'ho fatto osservare, a sua insaputa, da Lord Ferrington che lo aveva conosciuto anni prima e lui ben si ricorda dell'orgoglioso scozzese.
Quanto alla loro questione con Duncroft, è molto vecchia e un po' complicata a dire il vero e mischia terre e sangue, come spesso accade in quelle aspre lande. Si parla di un possedimento conteso, ma anche della misteriosa morte del marito di Lady Rose, morte che venne imputata a Lord Francis, a quanto si dice perdutamente invaghito anch'egli delle grazie della dama. Così tutto il clan McLesmon da allora porta il lutto ed ha giurato che non lo poserà finchè non gli sarà resa giustizia. Duncroft era ricorso a vostro fratello quale arbitro della lite e questi gli aveva dato ragione, cosa che ha ulteriormente esasperato il clan che ora spera in voi affinchè ribaltiate tale giudizio. D'altronde Dancroft, per allontanare da sè la minaccia di rappresaglie da parte di questi tenaci e vendicativi montanari, si è dichiarato disposto ad incontrarli per trovare un equo accordo.
Ecco quindi, sire, l'occasione da sfruttare. In questi giorni difficili solo loro hanno la possibilità di accedere al castello e quindi tentare di farci forzare il blocco. Poichè non possono certo attendersi grandi concessioni finchè Duncroft e la sua parte restano in auge, confidano nella riscossa di Vostra Maestà per avere da voi piena soddisfazione."
Il sovrano meditava pensoso.
"La dama pare molto sicura di sè. Ma in realtà tutto il loro piano si basa sulla sua convinzione di poter distrarre convenientemente Lord Francis. E se fallisse?"
Fitzurse replicò: "Il maggior rischio è comunque il loro. Noi attenderemo fuori portata e ci muoveremo solo se le cose saranno andate a buon fine. E se così non fosse la nostra situazione non sarà comunque peggiore di quella attuale."
"Accostare all'argine per prenderli a bordo è pericoloso. Potremmo approfittare della via libera e lasciarli al loro destino, no?" insinuò con un sogghigno astuto il monarca.
Fitzurse obiettò: "E' ancora più rischioso, sire. Se non accostiamo li condanneremmo alla vendetta di Duncroft e dei suoi alleati e a questo punto loro potrebbero scegliere di dare l'allarme per farvi catturare e così alleviare la loro posizione."
Il re assentiva, ancorchè palesemente insoddisfatto.
"E sia. Se Dio ha voluto farci bere questo amaro calice e sottoporci alla triste prova del tradimento e della slealtà dei nostri sudditi, noi affronteremo la prova bravamente. Preparate tutto per domani notte."
* * *
I cinque scozzesi erano di fronte alle poderose mura del castello di Duncroft.
"Allora, Rose, non ti sei pentita? L'idea in fondo è stata tua." fece Andrew.
La bruna bellezza scosse il capo vigorosamente: "No, amico mio. La cosa va fatta. Per troppi anni la nostra gente ha subìto ed ora bisogna rischiare e afferrare l'occasione che i tempi ci porgono. Non è vero Lukas?"
Il rosso Sinkrell, quasi non avesse udito la domanda, lasciò correre lo sguardo sulle alte mura, sulle torrette di guardia, sugli armati presenti su ogni spalto, sui contrafforti che scendevano fino al fiume e lo ghermivano in una morsa di pietra e poi rispose beffardo: "Certo che, se il diavolo non ci mette la coda, stanotte qualcuno avrà una bella sorpresa!"
Beagold commentò pensoso: "Spiace non poter arrivare al proprio scopo per via diretta e franca. Spiace dover ricorrere alla menzogna e all'inganno. Ma in fondo noi non facciamo che ritorcere la slealtà e il tradimento contro chi per primo l'ha utilizzato. E che Dio ci aiuti."
Graver borbottò: "Però io mi chiedo ancora perchè noi scozzesi dobbiamo immischiarci e legare le nostre fortune a questi pallidi inglesi..." ma la donna lo interruppe con veemenza.
"Taci, John, taci. Scozia, Inghilterra e Galles sono le tre parti di un Tutto, sono come i tre bracci del Triskel. Noi dobbiamo imparare a capire e scegliere e decidere quando è il momento dell'unione e dell'aiuto reciproco. E' così, credimi."
Sinkrell interloquì sogghignando: "Bella tirata, Rosa di Scozia. Ma dimentichi qualcosa, mi pare."
E allo sguardo interrogativo di lei aggiunse: "L'Irlanda, mia cara. Dove trova posto l'Isola Verde nella tua cosmogonia trina, nel tuo affascinante ed arbitrario richiamo al Triskel?"
Rose replicò in tono di sfida: "Sarà il centro stesso del simbolo su cui s'innestano i tre bracci. Ti basta?" e con una risata spronò il cavallo verso il portale che si stava aprendo per accoglierli.
* * *
"Insomma, è un'eternità che stiamo aspettando il segnale, sballottati su questo barcone. Che dite Waldemar, il piano sarà fallito? Si saranno fatti scoprire? Che facciamo ora?"
"Pazientate maestà - rispose Fitzurse - non sono in ritardo. Siamo ancora nei tempi concordati. Non possiamo aspettarci che si possano muovere a loro piacimento nel castello. Vedrete che... eccolo! Guardate: le torce si agitano nel segnale di via libera. Forza, voi! - gridò ai rematori - Accostate a quell'argine e pronti a ripartirne. E voi celatevi maestà, chè alcuno vi possa riconoscere."
La grossa imbarcazione si avvicinò all'argine di pietra. Subito due figure (Beagold e Graver) si sporsero a prenderne le cime per attraccarla.
Fitzurse protestò: "Non perdete tempo signori, affrettatevi a salire e ripartiamo subito!"
La voce strascicata di Sinkrell uscì alta dal buio: "Spiacente milord, ma è meglio ormeggiare bene la barca, poichè dovrà fermarsi qui tutta la notte. "
E mentre parlava una torma di armati invase l'argine che le torce illuminarono a giorno. Archi e balestre e picche e spade furono puntate sull'equipaggio che subito capì di non poter opporre alcuna resistenza.
Poi, la folla di soldati si aprì e fece rispettosa ala ad una nobile figura che camminò fino all'argine, si sporse sulla barca e disse con voce calma e sicura:
"Lord Fitzurse e voi Maestà, favorite scendere dal vostro legno. Questa notte sarete miei riveriti ospiti. E domani, col favore di Dio, scriveremo una pagina di storia."
* * *
Lord Francis di Duncroft sedeva grave sullo scranno più alto della sala. Il viso era tuttavia sereno e con la mano si accarezzava soddisfatto la barba spruzzata di grigio.
Di fronte a lui era stato fatto accomodare Re Giovanni Senza Terra, livido di rabbia e al suo fianco stava, in piedi e aggrottato in volto, Lord Waldemar Fitzurse, primo consigliere del re d'Inghilterra. A lato stavano i cinque scozzesi che già conosciamo.
Re Giovanni esplose pungente: "Mi compiaccio signore, che non solo abbiate scelto di usare violenza al vostro legittimo sovrano sposando la causa dei baroni ribelli, ma che per ottenere tale indegno scopo vi siate abboccato addirittura con i vostri mortali nemici!"
Lord Francis sorrise.
"Vostra Maestà ha ragione di essere sorpresa. Ma lo sarà ancor di più prima di lasciare questa stanza. La verità è che Sir Andrew McLesmon... non è Sir Andrew (che si trova in Scozia, ignaro di questa nostra piccola rappresentazione), così come i suoi amici non sono chi voi pensate che siano."
Ignorando lo stupore suscitato dalle sue parole, continuò: "Vedete Sire, è vero che io condivido la causa dell'arcivescovo Langston, così come d'altronde la maggior parte dei vostri feudatari e dei proprietari terrieri e della borghesia di Londra (non so se Lord Fitzurse ve lo ha detto, ma al vostro fianco sono rimasti solo sette baroni, oltre ai mercenari francesi di Malvoisin).
Tuttavia ho sempre pensato che per questa nostra lotta non si dovesse versare neppure una goccia di sangue britannico e non condividevo le ragioni di chi, nella mia fazione, era pronto ad uno scontro armato; cosa che - aggiunse con un sorriso più marcato - sarebbe sicuramente accaduta se al vostro posto ci fosse stato l'impulsivo e coraggioso Re Riccardo, vostro fratello. Così mi adoperai per costringervi, sì, a questo passo, ma evitando violenza e spargimento di sangue."
Fu interrotto da Fitzurse che balbettò agitato: "Come sarebbe che costui non è McLesmon? Io mi ero ben assicurato della sua identità!"
"La somiglianza è notevole davvero - confermò Duncroft - stessa mascella forte, stessi capelli scuri... probabilmente ciò dimostra qualche ascendenza in comune."
L'interessato commentò allegramente: "Già. Dovrò chiederne conto a mia madre... o a mia nonna." Duncroft sorrise al motteggio dello scozzese e continuò: "In effetti i nostri amici sono nobili, sì, d'animo e di ideali, ma in realtà sono solo dei valenti musici che ebbi modo di conoscere e apprezzare durante uno dei miei soggiorni in Scozia. E' purtroppo ben vero che con il clan McLesmon ho antiche ruggini in sospeso e non chiederei di meglio che risolverle e vivere in pace e armonia reciproca. Ma fu proprio facendo leva su questo mio ben noto problema e sull'eccezionale rassomiglianza che vi abbiamo stanato dal vostro rifugio e attirato qui."
Il re trasecolava.
"Voi non siete dunque Lady Rose McLesmon?" chiese alla donna vestita di nero e viola. Questa scosse il capo.
"No sire, il mio nome è Dawn Natterly, per servirvi. Non ho avuto la fortuna (o la sventura) di nascere nei panni della nostra bella e sfortunata lady. Ma confido che il mio nome, pur non così altisonante, ora che vi è noto vi rimarrà impresso nella memoria per lungo tempo."
Lord Francis di Duncroft riprese la parola e la sua voce suonò alta e autorevole.
"Maestà, mettetevi il cuore in pace. L'Inghilterra è stanca di soprusi, di corruzione e di tirannia. Domani, a Runnymede voi firmerete il documento che Langston ha stilato, quella Magna Charta che finalmente porrà un argine contro gli abusi del potere regio."
Si volse verso i cinque scozzesi.
"Grazie amici. Il vostro piano, la vostra idea è stata determinante e avrete l'eterna soddisfazione di aver contribuito a togliere la folgore ai despoti e a dare speranza ad ogni uomo libero che viva onestamente sulla nostra isola."
Quindi, rivolgendosi espressamente a Rose, aggiunse:
"Voi, mia signora, non avete certo sfigurato nel confronto con Lady McLesmon. E vi siete conquistata un posto tutto vostro nel mio cuore."
* * * * *
"Con lenta manovra, le barche fiammanti e ponderose lasciano la riva del Runnymede e procedono contro corrente, fino a quando, con un rumore sordo, si arenano sulla sponda dell'isoletta che, da questo giorno, porterà il nome di Isola della Magna Charta.
Il Re Giovanni ha messo piede a terra e noi aspettiamo ansiosi, in silenzio, finchè un grido possente lacera l'aria e ci porta la certezza che la pietra angolare del tempio della Libertà inglese è stata saldamente posata."
* * * * *
Bibliografia, idee, spunti e citazioni: "Storia del mondo" (J. Van Duyn Southworth); "Storia Universale" (C. Grimberg); "Storia d'Inghilterra" (G.M. Trevelyan); "Ivanhoe" (W. Scott); "Armi e armature" (M. Byam); "Quattro secoli di armi bianche" (A. Cimarelli).
L'ultimo paragrafo è tratto da "Tre Uomini in Barca" (J.K. Jerome).